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mercoledì 24 marzo 2021

NOSTRA SIGNORA DELLA MISERICORDIA del CARAVAGGIO

 

Michelangelo Merisi detto il CaravaggioNostra signora della Misericordia (1607)

olio su tela (390 cm × 260 cm), Napoli, Pio Monte della Misericordia.

 


LETTURA DELL'OPERA 


Il quadro costituisce certamente uno sviluppo imprevisto rispetto alla tipica visione caravaggesca, assolutamente antibarocca, dove la disposizione dei personaggi – colti sempre in gesti controllati e significativi – è statica e valutata in funzione dello spazio del quadro e di un preciso ordine compositivo. Ed effettivamente, nella Nostra signora della Misericordia, non vi è un preciso programma preparatorio del soggetto. “Più che un opera costruita e meditata” ha commentato a ragione il Marangoni “sembra una improvvisazione genialmente riuscita”. Infatti la scena è un movimentato trambusto di personaggi, tutti affaccendati nelle proprie singolari contingenze, bisognosi e misericordiosi, al cospetto di Gesù e Maria, sorretti in alto da due angeli maldestri.

Le sette opere di misericordia –  dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, curare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti  – si compiono in una ambientazione che rievoca i sudici e disadorni bassifondi napoletani, sulle immaginarie movenze d’una penosa tamurriàta. Con citazioni colte e lontane, mescolate ad elementi popolareschi, il Caravaggio rappresenta il suo particolare e desolato mondo dei miserabili. All’interno di un simile consunto contesto, un carcerato sporge il volto appena fuori dell’inferriata per succhiare il seno della sua donna, andata a fargli visita. Dietro di loro si intravede un uomo che trasporta un cadavere alla sepoltura, sotto lo sguardo pietoso di un sacerdote, che rischiara l’oscurità del luogo con una torcia. In primo piano un personaggio nudo e di spalle riceve da un gentiluomo, San Martino ovviamente, la metà del mantello. Allato del compassionevole cavaliere un nobiluomo accoglie un pellegrino. Alle loro spalle un personaggio dall’aspetto rude s’abbevera – richiamando la vicenda di Sansone – da una mascella d’asino. Dietro l’ignudo si intravede, nell’ombra, un poveraccio con le mani giunte, che affamato chiede la carità di un tozzo di pane. La concitazione della scena non finisce in terra, ma continua in alto, ove stanno la Madonna col suo Bambino in braccio, che compassionevolmente osservano il compiersi delle caritatevoli bisogne. Li sostengono due angeli volteggianti e con le ali spiegate, dall’equilibrio instabile, che si sollevano a vicenda, in un volteggio vagamente barocco. Dall’alto a sinistra, un bagliore di luce artificiale rischiara il rabbuiato scorcio di rione, spargendo un impalpabile alone divino sulle buone azioni che si concretizzano tutte in una volta.             

Nell’opera sono visibili molti elementi stilistici del Merisi, come il suo particolare luminismo innaturale, la deliberata subordinazione della dimensione spazio-temporale alla presenza scenica dei personaggi, la pignoleria nella resa del reale. Manca la studiatezza nella collocazione nello spazio del quadro delle figure, sostituita da una apparente e confusa casualità. È invece evidente la particolare concezione religiosa dell’artista, che riesce a rapportare alla realtà del suo tempo ogni episodio evangelico, compreso ogni dettato devozionale, in una dimensione pauperista della fede, impersonata dal Cardinale Borromeo, il quale raccomandava l’assoluta sobrietà del clero e un ritorno al cristianesimo delle origini.

Va ovviamente precisato, contrariamente a quanto ha asserito qualche studioso, che l’opera non ha nulla a che fare con lo stile barocco. Non ci inganni né il moto dei personaggi, né la baraonda compositiva. 

La visione caravaggesca non ha nulla a che fare col manierismo e tanto meno col barocco. Al Caravaggio non appartengono né l’ottimismo, né la teatralità del barocco, e ancor meno l’idea di grazia, di decoro e di bella forma, così come le intendevano i manieristi. 

Contro chi cercava di ravvisare nel Caravaggio qualche forma di condizionamento barocco Berenson ha argomentato che in confronto a un Rubens il Merisi appariva “sobrio, contenuto e severo, piuttosto simile a un greco arcaico o a un quattrocentista fiorentino.”

Nessuna forma di barocchismo si ritrova in Caravaggio”, ha sostenuto il Briganti. ”Egli ha uno svolgimento in profondità e chiarezza che lo riporta presso gli artisti del Quattrocento che ai contemporanei.

 

La descrizione dell’opera di Giovanni Pietro Bellori.

 

Dipinse le sette Opere in un quadro lungo circa dieci palmi; vedesi la testa d’un vecchio che sporge fuori dalla ferrata della prigione suggendo il latte d’una donna, che a lui si piega con la mammella ignuda. Fra l’altre figure vi appariscono li piedi, e le gambe di un morto portato alla sepoltura, e dal lume della torcia di uno, che sostenta il cadavero, si spargono i raggi sopra il sacerdote con la cotta bianca, e s’illumina il colore, dando spirito al componimento”.

 

La figura dell’ignudo.


 


La figura di un giovane ignudo, visto di spalle, la quale offre a Federico Zeri lo spunto per scrivere che in essa si osserva “una citazione in senso classico tra le più dirette del Merisi”, in quanto “il nudo visto di schiena, cui San Martino offre la metà del mantello, è ricalcato con molta diligenza sul famosissimo Gallo morente” e che del rapporto tra il Caravaggio e i marmi antichi molto ci sarebbe da dire.”

Secondo Roberto Longhi, invece, il nudo è ripreso da un dipinto del Moretto nella cappella del Sacramento in San Giovanni Evangelista (1521), infatti egli scrive: “E del Michea ci pare il Caravaggio si rammentasse davvero del nudo che si va rivestendo nelle Opere di Misericordia; come da uno dei profeti attribuiti al Romanino (ma in verità così naturalistici da doversi assegnare a un ignolto seguace del Moretto, precisamente dal Malachia, è, se non erriamo, desunto il chiaroscuro dalla testa di Cristo nella Vocazione di San Matteo.”

 

© G. LUCIO FRAGNOLI




IL POST SOPRA RIPORTATO HA SCOPO ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO, ED È RIVOLTO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:


R.LONGHI, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma, 1968.

A.CHASTEL, Storia dell’arte italiana, Newton Compton Editori, Laterza, Bari,1993.

G.P.BELLORI, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Ristampa dell’edizione romana del 1672, A,Forni Editore, S.Bolognese,1977.

M.MARINI, Caravaggio, Newton Compton Editori S.r.l., Roma, 1989.


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