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mercoledì 24 marzo 2021

I PIALLATORI DI PARQUET di GUSTAVE CAILLEBOTTE

 

ANALISI DELL'OPERA



Gustave Caillebotte, I piallatori di parquet (Les raboteurs de parquets, 1875). 
Olio su tela, 102 x 146,5 cm, Parigi, Musée d'Orsay.   

 

I piallatori di parquet (1875), è senza dubbio il quadro di Caillebotte, che più di ogni altro ci fa capire la sua particolare visione, che si basa su un'osservazione straordinariamente oggettiva della realtà, ridotta a puro fatto che accade, sulla tela così come è nella vita. I personaggi della sua pittura si muovono e agiscono nello spazio dipinto come le persone nello scenario dell'esistenza, nella più assoluta routine e casualità. 

Il pittore, quindi, guarda in tutta tranquillità il mondo girare, con tutta la gente che c'è dentro e tutto il resto, in un sottile divertimento intellettuale in cui, nella maggior parte dei casi, si limita a scegliere soltanto il punto di osservazione. Tutto qui. 

Cosicché la scelta della sua posizione rispetto al reale diviene il momento di massima attenzione, comportandosi come uno scrupoloso fotografo, piuttosto che come un pittore, più o meno come usa fare Degas. Ma senza nascondersi, come fa abitualmente il suo collega, in un angolo, o dietro una porta, per vedere le cose dal buco della serratura. Con la studiata scelta dell'inquadratura, il "fotografo" Caillebotte riesce molto naturalmente a trasformare lo scorrere banale del tempo in una vista colta e raffinata, in uno spaccato di vita vera, piena dei suoi normali ed importanti significati.

Va detto, comunque, che l'opera è stata realizzata in due versioni: la prima fa parte attualmente di una collezione privata, mentre la seconda – quella sopra riportata - è osservabile presso il Musée d'Orsay

Ne I piallatori di parquet l’artista parigino sceglie, però, l'esatto punto di osservazione, anche e soprattutto in funzione della luce, riassumendo in quest'opera, meglio che in altre, tutti gli elementi caratterizzanti del suo stile (perfetta gestione della luce naturale, restituzione precisa di spazio e personaggi, “taglio fotografico”).

Si tratta della rappresentazione di un momento di semplice ordinarietà: tre operai affaccendati a rasierare un parquet, ossia a piallarlo prima della lucidatura. La luce, che penetra dalla parte opposta del riguardante, da un'ampia portafinestra, illumina il pavimento, mettendo in risalto i trucioli di legno e i corpi dei tre operai a torso nudo, due dei quali, più in ombra, stanno molto naturalmente chiacchierando. In un simile contesto molti sono, ovviamente, i riferimenti al quotidiano, come la bottiglia di vino con un bicchiere, gli attrezzi da lavoro lasciati sul pavimento, le decorazioni in stucco delle pareti, la grata in ferro battuto.

Questo è il modo migliore di indagare la realtà per Caillebotte, che non avverte alcun bisogno di modificare alcunché, facendo in modo che tutto si sussegua nel modo più scontato, rifiutando l’estemporaneità impressionista, in favore di un effetto volumetrico ed una severa impostazione spaziale.  


 © Giuseppe Lucio Fragnoli

 

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La Parigi dipinta da Caillebotte.

 



Gustave Caillebotte, La Place de l'Europe, temps de pluie (1877), Art Institute o f Chicago.

 

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È evidente come il dipinto di Caillebotte, La Place de l'Europe, temps de pluie, ci sembri oggi un prezioso documento per osservare la Parigi di fine Ottocento, con un sorprendente effetto fotografico. «Quando ancora la fotografia non riesce ad essere ancora capace di rappresentare i contesti viventi con quella vivezza e verità che le saranno proprie, ci pensa Coillebotte - ha giustamente commentato Philippe Daverio - con la sua pittura, rappresentando uno splendido scorcio prospettico quasi con l’utilizzo del fisheye, restituendoci il senso del pavé scivoloso. È interessante vedere in questo quadro l’effetto di controluce sul volto dei due personaggi in primo piano, come se fosse già esistita una illuminazione da flash fotografico per controbilanciare la luce naturale.»

 

(*Da Il secolo lungo della modernità, di Philippe Daverio, Rizzoli, 2012 RCS Libri Spa, Milano.)

 

 

Gustave Caillebotte ,  Autoritratto

 

Caillebotte, nato a Parigi il 19 agosto 1848 e morto a Gennevilliers, nell’Ile-de-France, il 21 febbraio 1894, impersona meglio di ogni altro lo sviluppo della visione di Courbet in chiave impressionistica. Ingegnere navale, Caillebotte dipinge per sincera passione, partecipando a cinque delle otto mostre organizzate dagli impressionisti, anche se il suo approccio con la realtà è sostanzialmente realista. 

Caillebotte fu collezionista dei pittori impressionisti, e donò per testamento la sua pregevole collezione allo stato, ma solo 38 dipinti furono accettati. Molti di essi si trovano ora al museo d’Orsay. 

 

 

 

La Parigi DI MAUPASSANT (1850-1892) dal romanzo  BEL-AMI.

 

PARTE PRIMA – CAPITOLO PRIMO

 

Qui l’autore, come Caillebotte, ci descrive un ordinario spaccato di vita parigina del suo tempo, con un colpo d’occhio veloce ma efficace sulla città, i cui luoghi corrispondono perfettamente a quelli del romanzo. 

 

…Era una di quelle serate d’estate in cui manca l’aria a Parigi. La città, calda come una serra, pareva sudasse nella notte soffocante. Dai chiusini di granito, le fogne esalavano vapori pestiferi; dalle cucine sotterranee, attraverso le finestre a raso terra, giungevano in strada miasmi nauseabondi di risciacquature e di salse rancide.

I portinai, in maniche di camicia e a cavalcioni d’una sedia impagliata, fumavano la pipa sui portoni all’imbocco degli androni; e i passanti camminavano estenuati, a capo scoperto, col cappello in mano. 

Quando Giorgio Duroy giunse sul boulevard, si fermò un’altra volta, indeciso sul da fare. Adesso gli sarebbe piaciuto arrivare sino ai Campi Elisi e al gran viale del bosco di Boulogne per cercarvi un po’ di fresco sotto gli alberi (…)

Svoltò verso la Maddalena seguendo il flusso della folla oppressa dal caldo. I grandi caffè, pieni di gente, straripavano sul marciapiede, sciorinando la clientela sotto la luce vivida e cruda degli sporti illuminati. Dinnanzi ai consumatori, sui tavolini quadrati o tondi, i bicchieri contenevano liquidi rossi, gialli, verdi, bruni, di tutte le sfumature, e nelle caraffe si vedevano brillare i grossi cilindri di ghiaccio a rinfrescare la bell’acqua limpida (…)

Passò davanti al Vaudeville e si fermò dinnanzi al caffè Americano(…) Giunto all’angolo di piazza dell’Opéra, s’imbatté in un giovanotto grosso che gli parve vagamente di aver già visto altrove (…)


IL POST SOPRA RIPORTATO HA SCOPO ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO, ED È RIVOLTO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.

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