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sabato 12 giugno 2021

LA ZATTERA DELLA MEDUSA di Géricault e IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI di David: i due dipinti a confronto.

 


LA ZATTERA DELLA MEDUSA

 

Sono altrettanto ed estremamente convinto che La Zattera della Medusa di T. Géricault, è il primo grande quadro che apre la grande stagione romantica in pittura. È senz’altro l’enunciato pittorico più esplicito e completo dell’intero movimento romantico: per lucidità di visione, per il soggetto trattato, per le idee estetiche e didascaliche in esso contenute.

Nel 1816 la fregata francese Medusa era naufragata nell'oceano, al largo delle coste del Senegal. Si erano salvati solo pochi uomini, saliti a bordo di una zattera, dopo molti giorni di terribili stenti. Il fatto suscitò molto clamore, dato che l'opposizione ne attribuiva al governo ogni responsabilità. Del fatto Géricault (1771-1835) ne trasse il gigantesco dipinto che fu esposto al Salon, nel 1819, suscitando accese polemiche, politiche ed artistiche. 

Il dipinto è insieme classico e romantico ed è concepito sui temi della disperazione e della speranza. La studiata anatomia e dei corpi deriva certamente da modelli classici, come pure sono vagamente classici l'equilibrata e coerente composizione, organizzata secondo una doppia struttura piramidale. Romantici sono il contesto terribile del mare tempestoso - in cui si coglie il senso compiuto del sublime secondo l'autore - e il turbinio di espressioni e di reazioni psicologiche. Non manca l'uso sapiente e risolutore della luce, livida e violenta. La zattera è un piano obliquo precario, in balia della furia dell'oceano: è un movimento straordinario dei corpi e degli elementi: la lotta per la sopravvivenza degli uomini contro una natura feroce e inclemente. L'artista parte dal fatto di cronaca, ma trasforma il naufragio in un episodio epico, omerico e leggendario, quasi la storia d'ogni naufragio, in cui si intravede lontanissima la possibilità della salvezza. 

Cito in conclusione un passo di Philippe Daverio, da Il secolo lungo della modernità, in cui l'ottimo studioso definisce l'opera. 

"Questa piramide di carne umana, in parte marcia, in parte vibrante di speranza, fu dipinta (...) per stupire l'umanità parigina nel Salon del 1819. Ci mise otto mesi a realizzarlo (...) durante i quali si recluse in silenziosa concentrazione facendosi portare i pasti dalla zia e i resti umani in decomposizione dall'ospedale. Ammise davanti alla tela in evoluzione solo pochi intimi che usava come modelli vivi, fra i quali Delacroix, più giovane di lui e che dipinse bello vecchio in primo piano(...)."         

 

IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI


Il Giuramento degli Orazi (1784) di Jacques-Louis David, è ispirato dalla tragedia Horace di  Corneille, tratta dalla leggenda romana, secondo cui, nell’età del re Tullio Ostilio (VII sec. a.C.) i tre fratelli Orazi si offrirono per combattere contro i tre fratelli Curiazi e decidere così le sorti del conflitto tra Roma e Albalonga. 

Di tutto l’episodio, il pittore sceglie il momento di maggiore tensione psicologica, ossia il rito del giuramento, che si svolge alle prime luci dell’alba, all’interno di un chiostro tuscanico. Attraverso uno schema prospettico rigoroso, David realizza uno spazio tripartito, in cui sono sapientemente collocati i vari personaggi, i quali rappresentano tre stati d’animo diversi: la determinazione e l’amor patrio del padre, messo al centro della composizione, che porge le spade; l’eroismo e la pronta adesione dei figli al patto d’onore; cui si contrappone il sentimento più ordinario di dolore delle donne, tra le quali se ne scorge una vestita di scuro, una vedova indubbiamente, che anticipa l’esito tragico della vicenda. 

Il gruppo delle donne affrante, sorprendentemente, è una sorta di quadro nel quadro, che testimonia in modo eloquente come il dolore e il pianto, meritino la stessa importanza dell'orgoglio e dell'amor patrio, del coraggio e della determinazione. Le donne distrutte dal dolore suscitano nel riguardante un sentimento di commozione, ma pure ciò è perfettamente coerente, dato che la visione neoclassica è estetica, etica, morale, ma anche commovente e non rifiuta il pianto, se è causato da sentimenti sinceri ed elevati.

Col Giuramento degli Orazi, David raggiunge la piena maturità stilistica, in una visione chiara, severa e potente, come quella d’un quattrocentista fiorentino, nel perfetto equilibrio di luce ad una determinata ora del giorno, spazio architettonico dipinto, complessità ed introspezione psicologica dei personaggi rappresentati. Per la scelta del soggetto David fu quasi sicuramente ispirato dall’Horace di Corneille, ripresa dai fatti narrati da Tito Livio, secondo il quale i tre fratelli Orazi scelsero di decidere le sorti della guerra tra Albalonga e Roma con un duello con i tre fratelli Curiazi della città nemica. Allo scontro sanguinoso sopravvisse uno solo uomo degli Orazi, che tornò a Roma da trionfatore, e dove ritrovò sua sorella distrutta dal dolore per la perdita del suo promesso sposo, uno dei fratelli Curiazi. Il giovane vittorioso impietosamente la uccise, e fu condannato a morte. Ma il padre chiese per lui clemenza e fu graziato, per alcun principio di giustizia, ma piuttosto per il valore da lui dimostrato, che prevalse sulla mancanza dell’importantissima prerogativa stoica e romana dell’autocontrollo.

Sebbene sia stato dipinto poco prima della rivoluzione francese, Il Giuramento degli Orazi niente ha a che vedere con essa. Il quadro fu dipinto a Roma ed acquistato dal conte d’Angiviller per la Corona. Lo stesso David non attribuì mai nessun significato politico all’opera, ma ne evidenziava invece solo la purezza e nobiltà delle passioni incarnate dai personaggi. David viene da molti considerato un artista politico. Ed a questo proposito ci sono due correnti di pensiero opposte: una che lo esalta come gran rivoluzionario; l’altra che lo vede come un freddo calcolatore sempre schierato col potere. Daniel Guérin lo definisce addirittura “un cinico borghese traditore del proletariato”. In verità, il primo importante atto di impegno politico avviene soltanto quando fu incaricato dal Club dei Giacobini, a cui egli pure apparteneva, di dipingere il Giuramento della Pallacorda e definito per l’occasione anticipatore della rivoluzione. Ma discutere di questo mi pare addirittura superfluo. Sappiamo bene che David fu deputato eppure presidente della Convenzione, e fu sempre coerente con le proprie idee politiche ed artistiche.  


I DUE DIPINTI A CONFRONTO

 

Nel Giuramento degli Orazi l’azione è statica, fermata in gesti solenni o pietosi, per l’eternità, in una visione assolutamente etica ed ideale.

Nella Zattera della Medusa l’azione è momentanea e movimentata, in una visione tragica e reale, tendenzialmente epica.

Ma nella Zattera della Medusa sono evidenti tutta una serie di concetti che sono propri della nuova tendenza romantica: primo fra tutti è il rapporto uomo-natura, ove la natura diviene espressione di potenza divina, che in questo caso è terribile e nemica, suscitando  nell'animo del riguardante terrore e angoscia. Géricault vuole comunque trasmettere nella violenza dei flutti una estrema forma di bellezza, concretizzandovi una precisa percezione del sublime.

Nel Giuramento degli Orazi la natura è assente, si preferisce la solidità strutturale tipica dell’architettura e la geometria rigorosa dello spazio rappresentato, ma nei raggi radenti del sole è facile immaginare un cielo sereno, in perfetta ottica neoclassica, in cui la natura è complice e alleata dell’uomo.

Il contesto dipinto nella Zattera è atemporale ed universale: il mare in tempesta, in luogo remoto e imprecisato del mondo. Ma da vero romantico, quando Géricault ne ha l’occasione preferisce il passato medioevale, talvolta dantesco, al mondo classico, o il suo tempo moderno con tutta la sua terribilità.    

Nel Giuramento degli Orazi il contesto è legato al mondo romano antico, in perfetta mentalità neoclassica, che preferisce, insieme ai temi mitologici, questo tipo di ambientazioni.   

 


 NEOCLASSICISMO E ROMANTICISMO

 

Il termine di neoclassicismo, che fu coniato alla fine dell’Ottocento in senso spregiativo, farebbe pensare ad una corrente artistica di mero e convenzionale rifacimento dell’arte greca e romana. Fu al contrario un movimento eversivo e travolgente, che mirò a realizzare un risorgimento delle arti, una rinnovata rifioritura artistica simile a quella rinascimentale. Gli artisti e i teorici lo chiamavano semplicemente il vero stile.

 

Il termine romantico, invece, deriva da romance, e significa sostanzialmente romanzesco, non reale. Ad esso si associa l’ulteriore significato di pittoresco, con cui nel Settecento si definiva la bellezza di uno scenario naturale e l’emozione stessa che produceva nell’animo umano. Il termine fu associato ad un interesse per la mitologia nordica e per la letteratura cavalleresca medievale, come per una sorta di riscatto dei propri miti rispetto a quelli estranei e lontani della classicità.

 

Il Neoclassicismo è lo stile che, nato a Roma, s’afferma a partire dal 1770 circa, e che ha come antefatto culturale quel grande movimento di idee noto col termine di illuminismo. Gli illuministi, attraverso il libero pensiero, si proposero di realizzare un mondo nuovo, governato da leggi ispirate all’uguaglianza sociale, cancellando per sempre i privilegi del clero e di una nobiltà inetta e in piena decadenza morale. La conseguenza storica dell’illuminismo, furono prima la rivoluzione americana e poi la rivoluzione francese. La rivoluzione francese nacque dal supremo disegno di creare una società «stabile ed armoniosa» per dirla con le parole di Isaiah Berlin «fondata su principi immutabili: un sogno di perfezione classica…» I dogmi, il rigido 'assetto sociale e gli arcaici privilegi dell’antico regime crollarono sotto la luce della ragione e di un idealismo intransigente. Con la stessa forza rivoluzionaria, il neoclassicismo segnò la fine del capriccioso, polveroso, sensuale e fatuo rococò. La chiarezza della ragione vinse sui mendaci e confusi artifici del dogma.

 

Il Romanticismo ebbe come più significativo antefatto lo Sturm und Drang, nato in Germania in antitesi al classicismo francese, che nega l’esistenza di modelli eccelsi e imprescindibili in poesia. Alla bella forma classica si contrappone il senso spirituale della poesia, superando il concetto di bellezza nel senso tradizionale: «nella realtà non esiste soltanto la natura bella ma anche la natura come terribilità, violenza, forza di distruzione», e ciò vale anche per la bellezza nella poesia; «l’arte caratteristica» è pertanto «la sola vera» (J.W. Goethe).

 

Il teorico del Neoclassicismo fu J. Winckelmann, il quale sosteneva che bisognava “imitare” i grandi maestri antichi. Ma imitare non significava – secondo il suo pensiero - copiare, bensì fare propri ed utilizzare i modelli e i canoni estetici degli artisti antichi, in un processo catartico di produzione del nuovo e del moderno. Ed infatti, il neoclassicismo è a tutti gli effetti uno stile moderno, come moderna è la neoclassica estetica del sublime, che si riassume in superamento della contemplazione, con un forte coinvolgimento spirituale e sentimentale nel godimento della bellezza.

 

Il Romanticismo operò una rivalutazione delle varie culture popolari, rafforzando la coscienza di nazionalità, in una più generale rivalutazione storico-letteraria dell’antichità medioevale o nella rappresentazione nuova della modernità. Il ritorno ai tempi lontani del medioevo non potevano prescindere dalla riscoperta di Dio e della spiritualità, in un più intimo e sentito rapporto umano-divino e nella consapevolezza della labilità dell’esistenza.

 

Il Neoclassicismo nacque per reazione al rococò, ma divenne ben presto uno stile profondo, portatore di alti valori etici e morali, avversatore dei dogmi e dell’ignoranza, della superstizione e della dissolutezza. Il suo decadimento fu dovuto alla banalizzazione che ne fece il periodo napoleonico, che lo trasformò in uno stile celebrativo e retorico, rappresentativo della grandeur imperiale. Cosa questa che favorì la graduale affermazione del romanticismo anche in chiave antifrancese.

 

Il presupposto irrinunciabile del Romanticismo è la consapevolezza dell’importanza della libertà spirituale.

Il Romanticismo si afferma nel campo delle arti visive tra il 1780 e il 1850 circa, con sviluppi differenti in ogni paese, con un comune senso di rifiuto dei principi classicisti, con l’esaltazione dell’individualismo e della libertà creativa,  l’amore per il fantastico, per il sentimentalismo e lo spiritualismo.

L’arte romantica concepisce la creazione dell’opera d’arte, come esperienza interiore, istintiva e individuale, non più mediata dalla ragione o dalla tradizione, con la riscoperta e la rivalutazione delle radici religiose, storiche, stilistiche, nazionali; ciò si tradurrà nella riscoperta del gotico e del Medioevo, dei contesti misteriosi e dell’esotismo.

In Inghilterra il Romanticismo si manifesta con tendenze al fantastico o al visionario e la rivalutazione del tema del paesaggio per opera di Turner e Constable, con le implicite riflessioni sul pittoresco e sul sublime. La matrice romantica resta fondamentale anche per i preraffaelliti, che si volgono a modelli medievali o del primo rinascimento.

Diverso è lo sviluppo della pittura romantica in Francia che con Géricault e Delacroix prelude alla modernità con la predilezione di soggetti tratti dalla cronaca e dalla storia contemporanea.

 

Molti pensano, sbagliando, che Neoclassicismo e Romanticismo siano due contrapposte e del tutto differenti correnti artistiche. Per come la penso io, il romanticismo fu l'evoluzione naturale del neoclassicismo, che aveva esaurito ben presto i suoi temi e la sua linfa innovativa. Sia l'uno che l'altro movimento procedettero insieme per un certo periodo ed ebbero molto in comune, compresa l'estetica del sublime. Erano, in buona sostanza, quasi due facce della stessa medaglia, rappresentavano entrambe quel mondo e quella società moderna che stavano nascendo impetuosamente, e spesso una corrente sconfinava e si cibava nell'altra, o la negava con violenza, dimostrano implicitamente di riconoscerla come riferimento importante.

Diversi erano però e i temi e la rappresentazione degli stati d'animo. Diversa era la visione dell'uomo, che stava diventando l'unico libero padrone delle proprie idee e della proprie creazioni.

 


© GIUSEPPE LUCIO FRAGNOLI


Fonti bibliografiche: NEOCLASSICISMO, Hug Honour, Einaudi, 1993; L'arte moderna, 1770-1970, Giulio Carlo Argan, Sansoni, 1970. 


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