LA ZATTERA DELLA MEDUSA
Sono altrettanto ed estremamente
convinto che La Zattera della Medusa di T. Géricault, è
il primo grande quadro che apre la grande stagione romantica in pittura. È
senz’altro l’enunciato pittorico più esplicito e completo dell’intero movimento
romantico: per lucidità di visione, per il soggetto trattato, per le idee
estetiche e didascaliche in esso contenute.
Nel 1816 la fregata francese Medusa
era naufragata nell'oceano, al largo delle coste del Senegal. Si erano salvati
solo pochi uomini, saliti a bordo di una zattera, dopo molti giorni di
terribili stenti. Il fatto suscitò molto clamore, dato che l'opposizione ne
attribuiva al governo ogni responsabilità. Del fatto Géricault (1771-1835) ne
trasse il gigantesco dipinto che fu esposto al Salon, nel 1819, suscitando
accese polemiche, politiche ed artistiche.
Il dipinto è insieme classico e
romantico ed è concepito sui temi della disperazione e della speranza. La
studiata anatomia e dei corpi deriva certamente da modelli classici, come pure
sono vagamente classici l'equilibrata e coerente
composizione, organizzata secondo una doppia struttura piramidale. Romantici
sono il contesto terribile del mare tempestoso - in cui si coglie il senso compiuto
del sublime secondo l'autore - e il turbinio di espressioni e di reazioni
psicologiche. Non manca l'uso sapiente e risolutore della luce, livida e
violenta. La zattera è un piano obliquo precario, in balia della furia
dell'oceano: è un movimento straordinario dei corpi e degli elementi: la lotta
per la sopravvivenza degli uomini contro una natura feroce e inclemente.
L'artista parte dal fatto di cronaca, ma trasforma il naufragio in un
episodio epico, omerico e leggendario, quasi la storia d'ogni naufragio, in cui
si intravede lontanissima la possibilità della salvezza.
Cito in conclusione un passo
di Philippe Daverio, da Il secolo lungo della modernità, in
cui l'ottimo studioso definisce l'opera.
"Questa piramide di carne umana,
in parte marcia, in parte vibrante di speranza, fu dipinta (...) per stupire
l'umanità parigina nel Salon del 1819. Ci mise otto mesi a
realizzarlo (...) durante i quali si recluse in silenziosa concentrazione
facendosi portare i pasti dalla zia e i resti umani in decomposizione
dall'ospedale. Ammise davanti alla tela in evoluzione solo pochi intimi che
usava come modelli vivi, fra i quali Delacroix, più giovane di lui e che
dipinse bello vecchio in primo piano(...)."
IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI
Il Giuramento degli Orazi (1784) di Jacques-Louis David, è ispirato dalla tragedia Horace di Corneille, tratta dalla leggenda romana, secondo cui, nell’età del re Tullio Ostilio (VII sec. a.C.) i tre fratelli Orazi si offrirono per combattere contro i tre fratelli Curiazi e decidere così le sorti del conflitto tra Roma e Albalonga.
Di tutto l’episodio, il pittore sceglie il momento di maggiore tensione psicologica, ossia il rito del giuramento, che si svolge alle prime luci dell’alba, all’interno di un chiostro tuscanico. Attraverso uno schema prospettico rigoroso, David realizza uno spazio tripartito, in cui sono sapientemente collocati i vari personaggi, i quali rappresentano tre stati d’animo diversi: la determinazione e l’amor patrio del padre, messo al centro della composizione, che porge le spade; l’eroismo e la pronta adesione dei figli al patto d’onore; cui si contrappone il sentimento più ordinario di dolore delle donne, tra le quali se ne scorge una vestita di scuro, una vedova indubbiamente, che anticipa l’esito tragico della vicenda.
Il gruppo delle donne affrante, sorprendentemente, è una sorta di quadro nel quadro, che testimonia in modo eloquente come il dolore e il pianto, meritino la stessa importanza dell'orgoglio e dell'amor patrio, del coraggio e della determinazione. Le donne distrutte dal dolore suscitano nel riguardante un sentimento di commozione, ma pure ciò è perfettamente coerente, dato che la visione neoclassica è estetica, etica, morale, ma anche commovente e non rifiuta il pianto, se è causato da sentimenti sinceri ed elevati.
Col Giuramento degli Orazi, David raggiunge la piena maturità stilistica, in una visione chiara, severa e potente, come quella d’un quattrocentista fiorentino, nel perfetto equilibrio di luce ad una determinata ora del giorno, spazio architettonico dipinto, complessità ed introspezione psicologica dei personaggi rappresentati. Per la scelta del soggetto David fu quasi sicuramente ispirato dall’Horace di Corneille, ripresa dai fatti narrati da Tito Livio, secondo il quale i tre fratelli Orazi scelsero di decidere le sorti della guerra tra Albalonga e Roma con un duello con i tre fratelli Curiazi della città nemica. Allo scontro sanguinoso sopravvisse uno solo uomo degli Orazi, che tornò a Roma da trionfatore, e dove ritrovò sua sorella distrutta dal dolore per la perdita del suo promesso sposo, uno dei fratelli Curiazi. Il giovane vittorioso impietosamente la uccise, e fu condannato a morte. Ma il padre chiese per lui clemenza e fu graziato, per alcun principio di giustizia, ma piuttosto per il valore da lui dimostrato, che prevalse sulla mancanza dell’importantissima prerogativa stoica e romana dell’autocontrollo.
Sebbene sia stato dipinto poco prima della rivoluzione francese, Il Giuramento degli Orazi niente ha a che vedere con essa. Il quadro fu dipinto a Roma ed acquistato dal conte d’Angiviller per la Corona. Lo stesso David non attribuì mai nessun significato politico all’opera, ma ne evidenziava invece solo la purezza e nobiltà delle passioni incarnate dai personaggi. David viene da molti considerato un artista politico. Ed a questo proposito ci sono due correnti di pensiero opposte: una che lo esalta come gran rivoluzionario; l’altra che lo vede come un freddo calcolatore sempre schierato col potere. Daniel Guérin lo definisce addirittura “un cinico borghese traditore del proletariato”. In verità, il primo importante atto di impegno politico avviene soltanto quando fu incaricato dal Club dei Giacobini, a cui egli pure apparteneva, di dipingere il Giuramento della Pallacorda e definito per l’occasione anticipatore della rivoluzione. Ma discutere di questo mi pare addirittura superfluo. Sappiamo bene che David fu deputato eppure presidente della Convenzione, e fu sempre coerente con le proprie idee politiche ed artistiche.
I DUE DIPINTI A CONFRONTO
Nel Giuramento degli Orazi l’azione
è statica, fermata in gesti solenni o pietosi, per l’eternità, in una visione
assolutamente etica ed ideale.
Nella Zattera della Medusa l’azione
è momentanea e movimentata, in una visione tragica e reale, tendenzialmente
epica.
Ma nella Zattera della
Medusa sono evidenti tutta una serie di concetti che sono propri
della nuova tendenza romantica: primo fra tutti è il rapporto uomo-natura, ove
la natura diviene espressione di potenza divina, che in questo caso è terribile
e nemica, suscitando nell'animo del riguardante terrore e angoscia.
Géricault vuole comunque trasmettere nella violenza dei flutti una estrema
forma di bellezza, concretizzandovi una precisa percezione del sublime.
Nel Giuramento degli Orazi la
natura è assente, si preferisce la solidità strutturale tipica
dell’architettura e la geometria rigorosa dello spazio rappresentato, ma nei
raggi radenti del sole è facile immaginare un cielo sereno, in perfetta ottica
neoclassica, in cui la natura è complice e alleata dell’uomo.
Il contesto dipinto nella Zattera è
atemporale ed universale: il mare in tempesta, in luogo remoto e imprecisato
del mondo. Ma da vero romantico, quando Géricault ne ha l’occasione preferisce
il passato medioevale, talvolta dantesco, al mondo classico, o il suo tempo
moderno con tutta la sua terribilità.
Nel Giuramento degli Orazi il
contesto è legato al mondo romano antico, in perfetta mentalità neoclassica,
che preferisce, insieme ai temi mitologici, questo tipo di ambientazioni.
NEOCLASSICISMO E ROMANTICISMO
Il termine di neoclassicismo,
che fu coniato alla fine dell’Ottocento in senso spregiativo, farebbe pensare
ad una corrente artistica di mero e convenzionale rifacimento dell’arte greca e
romana. Fu al contrario un movimento eversivo e travolgente, che mirò a
realizzare un risorgimento delle arti, una rinnovata rifioritura artistica
simile a quella rinascimentale. Gli artisti e i teorici lo chiamavano
semplicemente il vero stile.
Il termine romantico,
invece, deriva da romance, e significa sostanzialmente romanzesco, non reale.
Ad esso si associa l’ulteriore significato di pittoresco, con cui nel
Settecento si definiva la bellezza di uno scenario naturale e l’emozione stessa
che produceva nell’animo umano. Il termine fu associato ad un interesse per la
mitologia nordica e per la letteratura cavalleresca medievale, come per una
sorta di riscatto dei propri miti rispetto a quelli estranei e lontani della
classicità.
Il Neoclassicismo è lo
stile che, nato a Roma, s’afferma a partire dal 1770 circa, e che ha come
antefatto culturale quel grande movimento di idee noto col termine di
illuminismo. Gli illuministi, attraverso il libero pensiero, si proposero di
realizzare un mondo nuovo, governato da leggi ispirate all’uguaglianza sociale,
cancellando per sempre i privilegi del clero e di una nobiltà inetta e in piena
decadenza morale. La conseguenza storica dell’illuminismo, furono prima la
rivoluzione americana e poi la rivoluzione francese. La rivoluzione francese
nacque dal supremo disegno di creare una società «stabile ed armoniosa» per
dirla con le parole di Isaiah Berlin «fondata su principi immutabili: un sogno
di perfezione classica…» I dogmi, il rigido 'assetto sociale e gli arcaici
privilegi dell’antico regime crollarono sotto la luce della ragione e di un
idealismo intransigente. Con la stessa forza rivoluzionaria, il neoclassicismo
segnò la fine del capriccioso, polveroso, sensuale e fatuo rococò. La chiarezza
della ragione vinse sui mendaci e confusi artifici del dogma.
Il Romanticismo ebbe
come più significativo antefatto lo Sturm und Drang, nato in
Germania in antitesi al classicismo francese, che nega l’esistenza di modelli
eccelsi e imprescindibili in poesia. Alla bella forma classica si contrappone
il senso spirituale della poesia, superando il concetto di bellezza nel senso
tradizionale: «nella realtà non esiste soltanto la natura bella ma anche la
natura come terribilità, violenza, forza di distruzione», e ciò vale anche per
la bellezza nella poesia; «l’arte caratteristica» è pertanto «la sola vera»
(J.W. Goethe).
Il teorico del Neoclassicismo fu
J. Winckelmann, il quale sosteneva che bisognava “imitare” i grandi maestri
antichi. Ma imitare non significava – secondo il suo pensiero - copiare, bensì
fare propri ed utilizzare i modelli e i canoni estetici degli artisti antichi,
in un processo catartico di produzione del nuovo e del moderno. Ed infatti, il
neoclassicismo è a tutti gli effetti uno stile moderno, come moderna è la
neoclassica estetica del sublime, che si riassume in superamento della
contemplazione, con un forte coinvolgimento spirituale e sentimentale nel
godimento della bellezza.
Il Romanticismo operò
una rivalutazione delle varie culture popolari, rafforzando la coscienza di
nazionalità, in una più generale rivalutazione storico-letteraria
dell’antichità medioevale o nella rappresentazione nuova della modernità. Il
ritorno ai tempi lontani del medioevo non potevano prescindere dalla riscoperta
di Dio e della spiritualità, in un più intimo e sentito rapporto umano-divino e
nella consapevolezza della labilità dell’esistenza.
Il Neoclassicismo nacque
per reazione al rococò, ma divenne ben presto uno stile profondo, portatore di
alti valori etici e morali, avversatore dei dogmi e dell’ignoranza, della
superstizione e della dissolutezza. Il suo decadimento fu dovuto alla
banalizzazione che ne fece il periodo napoleonico, che lo trasformò in uno
stile celebrativo e retorico, rappresentativo della grandeur imperiale. Cosa
questa che favorì la graduale affermazione del romanticismo anche in chiave
antifrancese.
Il presupposto irrinunciabile
del Romanticismo è la consapevolezza dell’importanza della
libertà spirituale.
Il Romanticismo si afferma nel campo
delle arti visive tra il 1780 e il 1850 circa, con sviluppi differenti in ogni
paese, con un comune senso di rifiuto dei principi classicisti, con
l’esaltazione dell’individualismo e della libertà creativa, l’amore per
il fantastico, per il sentimentalismo e lo spiritualismo.
L’arte romantica concepisce la
creazione dell’opera d’arte, come esperienza interiore, istintiva e
individuale, non più mediata dalla ragione o dalla tradizione, con la
riscoperta e la rivalutazione delle radici religiose, storiche, stilistiche,
nazionali; ciò si tradurrà nella riscoperta del gotico e del Medioevo, dei
contesti misteriosi e dell’esotismo.
In Inghilterra il Romanticismo si
manifesta con tendenze al fantastico o al visionario e la rivalutazione del
tema del paesaggio per opera di Turner e Constable, con le implicite
riflessioni sul pittoresco e sul sublime. La matrice romantica resta
fondamentale anche per i preraffaelliti, che si volgono a modelli medievali o
del primo rinascimento.
Diverso è lo sviluppo della pittura
romantica in Francia che con Géricault e Delacroix prelude alla modernità con
la predilezione di soggetti tratti dalla cronaca e dalla storia contemporanea.
Molti pensano, sbagliando, che Neoclassicismo
e Romanticismo siano due contrapposte e del tutto differenti correnti
artistiche. Per come la penso io, il romanticismo fu l'evoluzione naturale del
neoclassicismo, che aveva esaurito ben presto i suoi temi e la sua linfa
innovativa. Sia l'uno che l'altro movimento procedettero insieme per un certo
periodo ed ebbero molto in comune, compresa l'estetica del sublime. Erano, in
buona sostanza, quasi due facce della stessa medaglia, rappresentavano entrambe
quel mondo e quella società moderna che stavano nascendo impetuosamente, e
spesso una corrente sconfinava e si cibava nell'altra, o la negava con
violenza, dimostrano implicitamente di riconoscerla come riferimento
importante.
Diversi erano però e i temi e la
rappresentazione degli stati d'animo. Diversa era la visione dell'uomo, che
stava diventando l'unico libero padrone delle proprie idee e della proprie
creazioni.
© GIUSEPPE LUCIO FRAGNOLI
Fonti bibliografiche: NEOCLASSICISMO,
Hug Honour, Einaudi, 1993; L'arte moderna, 1770-1970, Giulio Carlo Argan,
Sansoni, 1970.
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