Il Giuramento
degli Orazi, Jacques-Louis David, Louvre, Parigi.
LETTURA
DELL’OPERA
Il Giuramento degli Orazi (1784) di Jacques-Louis
David, è ispirato dalla tragedia Horace di Corneille,
tratta dalla leggenda romana, secondo cui, nell’età del re Tullio Ostilio (VII
sec. a.C.) i tre fratelli Orazi si offrirono per combattere contro i tre
fratelli Curiazi e decidere così le sorti del conflitto tra Roma e
Albalonga.
Di tutto l’episodio, il pittore
sceglie il momento di maggiore tensione psicologica, ossia il rito del
giuramento, che si svolge alle prime luci dell’alba, all’interno di un chiostro
tuscanico. Attraverso uno schema prospettico rigoroso, David realizza uno spazio
tripartito, in cui sono sapientemente collocati i vari personaggi, i quali
rappresentano tre stati d’animo diversi: la determinazione e l’amor patrio del
padre, messo al centro della composizione, che porge le spade; l’eroismo e la
pronta adesione dei figli al patto d’onore; cui si contrappone il sentimento
più ordinario di dolore delle donne, tra le quali se ne scorge una vestita di scuro, una vedova indubbiamente, che anticipa l’esito tragico della
vicenda.
Il gruppo delle donne affrante,
sorprendentemente, è una sorta di quadro nel quadro, che testimonia in modo
eloquente come il dolore e il pianto, meritino la stessa importanza
dell'orgoglio e dell'amor patrio, del coraggio e della determinazione. Le donne
distrutte dal dolore suscitano nel riguardante un sentimento di commozione, ma
pure ciò è perfettamente coerente, dato che la visione neoclassica è estetica,
etica, morale, ma anche commovente e non rifiuta il pianto, se è causato da
sentimenti sinceri ed elevati.
CONSIDERAZIONI GENERALI
Col Giuramento degli Orazi, David
raggiunge la piena maturità stilistica, in una visione chiara, severa e
potente, come quella d’un quattrocentista fiorentino, nel perfetto equilibrio
di luce ad una determinata ora del giorno, spazio architettonico dipinto,
complessità ed introspezione psicologica dei personaggi rappresentati. Per la
scelta del soggetto David fu quasi sicuramente ispirato dall’Horace di
Corneille, ripresa dai fatti narrati da Tito Livio, secondo il quale i tre
fratelli Orazi scelsero di decidere le sorti della guerra tra Albalonga e Roma
con un duello con i tre fratelli Curiazi della città nemica. Allo scontro
sanguinoso sopravvisse uno solo uomo degli Orazi, che tornò a Roma da
trionfatore, e dove ritrovò sua sorella distrutta dal dolore per la perdita del
suo promesso sposo, uno dei fratelli Curiazi. Il giovane vittorioso impietosamente
la uccise, e fu condannato a morte. Ma il padre chiese per lui clemenza e fu
graziato, per alcun principio di giustizia, ma piuttosto per il valore da lui
dimostrato, che prevalse sulla mancanza dell’importantissima prerogativa stoica
e romana dell’autocontrollo.
SIGNIFICATO “POLITICO” DEL GIURAMENTO DEGLI ORAZI
Sebbene sia stato dipinto poco prima
della rivoluzione francese, Il Giuramento degli Orazi niente ha a che vedere
con essa. Il quadro fu dipinto a Roma ed acquistato dal conte d’Angiviller per
la Corona. Lo stesso David non attribuì mai nessun significato politico
all’opera, ma ne evidenziava invece solo la purezza e nobiltà delle passioni
incarnate dai personaggi. David viene da molti considerato un artista
politico. Ed a questo proposito ci sono due correnti di pensiero opposte:
una che lo esalta come gran rivoluzionario; l’altra che lo vede come un freddo
calcolatore sempre schierato col potere. Daniel Guérin lo definisce addirittura
“un cinico borghese traditore del proletariato”. In verità, il primo importante
atto di impegno politico avviene soltanto quando fu incaricato dal Club dei Giacobini,
a cui egli pure apparteneva, di dipingere il Giuramento della
Pallacorda e definito per l’occasione anticipatore della rivoluzione.
Ma discutere di questo mi pare addirittura superfluo. Sappiamo bene che David
fu deputato eppure presidente della Convenzione, e fu sempre coerente con le
proprie idee politiche ed artistiche.
Il Giuramento degli Orazi, rispecchia senza
ombra di dubbio la mentalità seria e virtuosa dell'artista,
inscindibile dalle sue opere. Giulio Carlo Argan meglio di tutti gli
studiosi ha spiegato compiutamente e sinteticamente il senso del
classicismo davidiano ne L'arte moderna,
1770 -1970 : "Per David
l'ideale classico non è ispirazione poetica, ma modello etico. Non elude la
realtà della storia col mitologismo arcadico, non la supera nella metafisica
del sublime,
guarda con fermezza e dominata passione al tragico che non è al di là, ma
nella cruda realtà delle cose. Nel 1784, dipingendo a Roma Il Giuramento degli Orazi contesta
l'identità pre-romantica di tragico e sublime: come l'Alfieri (e la coincidenza
non è casuale), pensa che il tragico non è sublime, ma storico. Si
dichiara filosofo, professa
uno stoicismo morale di cui l'etica civile (Plutarco, Tacito) è il modello:
come gli architetti neo-classici, che mirano all'ideale attraverso la logica
aderenza alle esigenze sociali, si propone come un dovere la fedeltà lucida,
impietosa del fatto. Presenta Marat morto: è un'orazione funebre, dura ed
asciutta come il discorso di Antonio sulla salma di Cesare nella
tragedia di Shakespeare, stringente come la requisitoria di Saint-Just per
la condanna di Luigi XVI. E' chiaro il richiamo al classicismo morale di
Poussin o di Philippe de Champaigne, ai tragici francesi (Corneille e Racine):
paradossalmente potrebbe dirsi che David è il giansenista della
Rivoluzione."
VITA DI DAVID IN BREVE.
1748. Nasce a Parigi Jacques-louis
David. 1757. Il padre viene ucciso in duello. 1771. David è allievo di
Joseph-Marie Vien. Vince il secondo premio dell'Accademia di pittura. 1772.
David tenta il suicidio. 1774. Vince il Prix de Rome. 1775. David è a Roma.
1782. Si sposa con Charlotte Pécoul. 1783 - 1786. nascono i suoi quattro figli.
1789. Presa della Bastiglia. 1792. Viene eletto deputato della Convenzione.
1794. Cade Robespierre e viene incarcerato per un anno. 1800. David viene
nominato pittore ufficiale del governo da Napoleone. 1804. Viene nominato pittore
dell'Imperatore. 1815. Si schiera con Napoleone durante i cento giorni. 1816.
Rifiutando la clemenza del Re preferisce l'esilio in Belgio. 1825. Muore il 29
dicembre, per l'aggravamento di una grave forma di raffreddamento.
BREVIARIO DEL
NEOCLASSICISMO
Il
neoclassicismo è lo stile che, nato a Roma, s’afferma a partire dal 1770 circa,
e che ha come antefatto culturale quel grande movimento di idee noto col
termine di illuminismo. Gli illuministi, attraverso il libero pensiero, si
proposero di realizzare un mondo nuovo, governato da leggi ispirate
all’uguaglianza sociale, cancellando per sempre i privilegi del clero e di una
nobiltà inetta e in piena decadenza morale. La conseguenza storica dell’illuminismo,
furono prima la rivoluzione americana e poi la rivoluzione francese. La
rivoluzione francese nacque dal supremo disegno di creare una società «stabile
ed armoniosa» per dirla con le parole di Isaiah Berlin «fondata su principi
immutabili: un sogno di perfezione classica…» I dogmi, il rigido 'assetto
sociale e gli arcaici privilegi dell’antico regime crollarono sotto la luce
della ragione e di un idealismo intransigente. Con la stessa forza
rivoluzionaria, il neoclassicismo segnò la fine del capriccioso, polveroso,
sensuale e fatuo rococò. La chiarezza della ragione vinse sui mendaci e confusi
artifici del dogma.
Il termine
di neoclassicismo, che fu coniato alla fine dell’Ottocento in senso
spregiativo, farebbe pensare ad una corrente artistica di mero e convenzionale
rifacimento dell’arte greca e romana. Fu al contrario un movimento eversivo e
travolgente, che mirò a realizzare un risorgimento delle arti,
una rinnovata rifioritura artistica simile a quella rinascimentale. Gli artisti
e i teorici lo chiamavano semplicemente il vero stile.
Un vento di
trasformazione cominciava a soffiare nei salons parigini, rinfrescandone
l’atmosfera chiusa e profumata, eliminando curve e codini rococò, soffiando via
gli ornamenti delicatamente fragili: boccioli di rosa e conchiglie e cupidi
incipriati con i sederini delicatamente imbellettati come le guance, tutte le
figure della commedia dell’arte in posa e le altre squisite frivolezze e
perversità che avevano fatto la delizia di una società di gusti difficili,
ultrasofisticata… (Hugh Honour).
Il teorico del “vero stile” fu J. Winckelmann, il quale sosteneva che bisognava
“imitare” i grandi maestri antichi. Ma imitare non significava – secondo il suo
pensiero - copiare, bensì fare propri ed utilizzare i modelli e i canoni
estetici degli artisti antichi, in un processo catartico di produzione del
nuovo e del moderno. Ed infatti, il neoclassicismo è a tutti gli effetti uno
stile moderno, come moderna è la neoclassica estetica del sublime, che
si riassume in superamento della contemplazione, con un forte coinvolgimento
spirituale e sentimentale nel godimento della bellezza.
Il neoclassicismo nacque per reazione
al rococò, ma divenne ben presto uno stile profondo, portatore di alti valori
etici e morali, avversatore dei dogmi e dell’ignoranza, della superstizione e
della dissolutezza. Il suo decadimento fu dovuto alla banalizzazione che ne
fece il periodo napoleonico, che lo trasformò in uno stile celebrativo e
retorico, rappresentativo della grandeur imperiale. Cosa questa che favorì la
graduale affermazione del romanticismo anche in chiave antifrancese.
Molti pensano, sbagliando, che
neoclassicismo e romanticismo siano due contrapposte e del tutto differenti
correnti artistiche. Per come la penso io, il romanticismo fu l'evoluzione
naturale del neoclassicismo, che aveva esaurito ben presto i suoi temi e la sua
linfa innovativa. Sia l'uno che l'altro movimento procedettero insieme per un
certo periodo ed ebbero molto in comune, compresa l'estetica del sublime.
Erano, in buona sostanza, quasi due facce della stessa medaglia,
rappresentavano entrambe quel mondo e quella società moderna che stavano
nascendo impetuosamente, e spesso una corrente sconfinava e si cibava
nell'altra, o la negava con violenza, dimostrano implicitamente di riconoscerla
come riferimento importante.
Diversi erano però e i temi e la
rappresentazione degli stati d'animo. Diversa era la visione dell'uomo, che
stava diventando l'unico libero padrone delle proprie idee e delle proprie
creazioni.
©GIUSEPPE LUCIO FRAGNOLI
Fonti bibliografiche: NEOCLASSICISMO, Hug Honour, Einaudi,
1993; L'arte moderna,
1770-1970, Giulio Carlo Argan, Sansoni, 1970.
IL POST SOPRA
RIPORTATO HA SCOPO ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO, ED È RIVOLTO PERTANTO AGLI
STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.