(Dal
ciclo pittorico dei Sette Sacramenti:
Battesimo, Cresima, Eucarestia,
Penitenza, Estrema unzione, Ordine, Matrimonio).
DESCRIZIONE
DELL’OPERA
Il
Battesimo di Cristo, fa parte del
ciclo dei sette dipinti dedicato ai Sette
Sacramenti, e rappresenta la pressoché perfetta trasposizione pittorica del
momento saliente del Prologo del
Vangelo di San Marco. Difatti, la figurazione sacra, così come la sacra
narrazione, si sviluppa dentro un luogo brullo, fatto di terra e rocce, chiuso da
una montagnola in cui è scavata una strada, e alla cui sommità svettano le
folte chiome di alcuni alberi. Oltre la collina si estende un vasto paesaggio,
montuoso e desertico, dalle tinte grigiastre e azzurrognole.
La
luce è quella del mattino, che si propaga in un cielo azzurro e luminoso, penetrando
una coltre fantasiosa quanto suggestiva di vaporose nuvole, ben accordate con il
fitto e cotonato fogliame delle piante. Tranne un gruppetto di tre figure poste
sulla collina e un paio di viandanti, che si allontanano per la via sterrata, i
personaggi, comparse e protagonisti, sono sapientemente sistemati in primo
piano o quasi.
La
composizione è organizzata in due correlati raggruppamenti di personaggi. Sulla
parte destra, con i piedi nell’acqua, in riva al Giordano c’è Gesù, in un
atteggiamento di delicata e composta umiltà, intanto che due servizievoli
angeli senza ali, posti su una lingua di terra in secca, gli reggono la tunica,
l’uno inginocchiato e l’altro appena dietro col capo chino, in una rara
gentilezza di movenze. Sulla riva Giovanni, messo di fianco, allunga il braccio
nel solenne rito del battesimo, anche lui raggentilito, come un volitivo
arcangelo, spogliato della sua pelliccia di cammello e rivestito d’un più
elegante manto vermiglio. In un siffatto altissimo momento, compare sulla testa
del Messia la Colomba dello Spirito Santo, mentre dal cielo discende ed
echeggia nell’aria la rivelazione del Padre:
«Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono
compiaciuto.»
A
tali parole, gli astanti, accorsi alle sponde del Giordano per il rituale
purificatorio, sorpresi e sbigottiti, producono tutta una serie di reazioni
psicologiche, corrispondenti a precisi stati d’animo.
Alle
spalle del Battista un vecchio proselito, scosso, si raccoglie in preghiera, mentre
il figliolo gli si stringe alla vita. Un altro si inginocchia volgendo lo
sguardo al cielo, levando sgomento la mano sugli occhi. Dietro di lui c’è un
austero uomo dalla barba e dai capelli ingrigiti, che indica in alto, come a
confermare la celestiale provenienza di quella voce che tutti hanno udito. Così
il giovane a lui di fronte indica il Cristo, come per ribadire che è lui il
figlio di Dio, mentre più indietro un terzo personaggio, osserva il cielo in un
gesto di meraviglia.
Anche
due osservanti, uno seduto in terra e un altro con un piede su un appoggio, che
si stanno denudando dei loro abiti per il sacro rito, appaiono meravigliati e
si sorprendono a scrutare in alto, mente un terzo neofito indossa i panni
bianchi simbolo di nuova vita e purezza. Ma la voce rintronante del signore
cattura l’attenzione anche di un fedele lontanissimo, in piedi sulla collina,
che allarga il braccio in un eloquente gesto di condiscendenza, chiaro segno di
fede.
CONSIDERAZIONI
STILISTICHE.
Il
dipinto, da un punto di vista strettamente stilistico, presenta un colorismo
vivo e ben bilanciato, con le tinte che si alternano ritmicamente, specialmente
quelle dei panneggi, sempre ben modulati, per dare slancio e volume ai corpi che
avvolgono, con perfetto assorbimento della luce. Il contesto scenico, invece, è
diviso in due parti: la prima è costituita dallo scorcio che arriva fino alla
collina alberata, risolta con una gradevole gamma terrosa, ma pure luminosa,
con prevalenza della terra di Siena;
la seconda è lo sfondo del deserto grigio-azzurrognolo realizzato in
prospettiva aerea e del cielo debolmente rannuvolato, da dove sorge la luce, in
un effetto di infinita estensione spaziale.
La
struttura disegnativa risente dell’influsso determinante del Raffaello romano, con la disposizione ben
studiata, sapiente, dei personaggi nella scena e nello spazio del quadro, con
corporeità classicheggianti e varietà di atteggiamenti, sempre sobri e
funzionali al racconto pittorico, perfettamente animati in funzione duplice:
per il personaggio in sé e per l’insieme dei personaggi. Questa attenzione
disegnativa ha certamente per scopo il raggiungimento di un’armonia complessiva
dell’immagine in senso squisitamente classico, ove tutto si deve corrispondere
esattamente.
Nicolas
Poussin, a dispetto di come banalmente viene inventariato il suo secolo, è un
artista esclusivamente classico, un continuatore dell’ideale raffaellesco,
alimentato però da una colta interpretazione del repertorio mitologico e dei
temi sacri. Vi è sempre in Poussin una accurata ricerca disegnativa di modelli
anatomici e gestuali ideali, buoni per i temi sacri quanto per i mitologici.
Cosicché nel tema sacro sa esprimere il vero senso dell’esistenza secondo le
sacre scritture, come nel mito riesce ogni volta ad esprimere il senso della
favola, metafora paradossale e giocosa tra il promiscuo intreccio tra divino e
profano.
Una
tale studiata visione pittorica è tornata utile per il movimento rinnovatore
del Neoclassicismo, quando, rinnegata la capricciosità e la vacuità
illusionistica del tardo barocco e del roccocò, gli artefici del vero stile sono andati alla ricerca di
maestri di riferimento, trovando in Poussin un luminosissimo faro per definire
la loro rotta.
IL
COMMENTO DEL BELLORI (da Le vite de’ pittori scultori et architetti
moderni, Roma, 1672).
Nel
battesimo espresse un bellissimo concetto, mentre San Giovanni versando l’acqua
sopra il capo di Cristo nella sponda del Giordano, all’udirsi in alto la voce
del Padre Eterno verso il figliuolo diletto, volgonsi alcuni a quel suono che
scende dalle nubi, e uno di loro addita il cielo, l’altro accenna Cristo,
riconoscendolo per figliuolo di Dio. Risplende sopra il suo capo lo Spirito
Santo in forma di Colomba, e piegando egli le mani al petto umilmente, vien
servito dagli Angeli che gli reggono il manto. Vi sono altri che si spogliano,
e si rivestono, e aspettano l’acqua, con varia disposizione d’ignudi, e
d’affetti.
IL
VANGELO DI MARCO.
Nel
bellissimo vangelo di Marco leggiamo:
Prologo, inizio della missione di
Gesù.
Inizio
dal vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio.
Come
è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero
davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada al Signore,
raddrizzate i suoi sentieri,
si
presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di
conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della
Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel
fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni
era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi,
si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: «Dopo di me viene uno che è
più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i
legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con l’acqua, ma Egli vi
battezzerà con lo spirito santo.»
In
quei giorni Gesù venne da Nazareth di Galilea e fu battezzato nel Giordano da
Giovanni.
E,
uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come
una colomba.
E
si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il
Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto.»
Come
spiega Sandro Veronesi nel suo piacevolissimo libro Il Vangelo di Marco, di commento e interpretazione del testo sacro,
«Il Vangelo di Marco è il primo Vangelo. Cioè è il primo testo scritto che,
nella seconda metà del I secolo, organizza in forma definitiva i blocchi
tematici su cui si strutturava la predicazione orale affidata da Gesù Cristo ai
suoi discepoli. È incentrato ─ siccome si chiama Evangelo, Euanghelion, cioè “Lieto annuncio” ─ sulla ragione per cui Gesù è
venuto in Terra: compiere le profezie. Dunque è un “lieto annuncio” perché era
atteso da un sacco di tempo.»
Dopodiché
il brillante scrittore contemporaneo evidenzia l’elemento più importante del
contesto scenico:
«Deserto,
il Giordano. Giovanni il Battezzatore. Davanti a Giovanni: folla. Folla enorme:
“tutta la Giudea”, dice Marco, “tutti i gerosolimitani”, in attesa del
battesimo di penitenza.»
Cui
Veronesi aggiunge un’importante notazione: «Abbiamo detto che la trama del
Vangelo è un mistero, il mistero della personalità di Cristo: ebbene, Marco lo
svela subito, perché Giovanni Battista vede Gesù mischiato alla folla ─ umile,
in coda, in attesa d’esser battezzato ─ e tuona: “Lui!”».
In
pratica il mistero viene subito svelato: «E se ancora qualcuno dei presenti in
quella scena di massa fosse rimasto dubbioso, se ancora qualcuno esitasse a
credere alle parole sorprendenti del Battista (“ma come, tutta questa attesa e
poi il Messia arriva qui, proprio oggi, proprio sotto i miei occhi” eccetera),
ecco risuonare Una Voce dal Cielo, accompagnata da una colomba, simbolo dello
Spirito Santo (…)»
Il
colpo di scena, messo all’inizio del racconto, ci fa capire come quella di
Marco sia un’invenzione narrativa straordinaria, un po’ come Cronaca di una morte annunciata di Marquez,
che ci fa appassionare fin da principio al racconto, creando contemporaneamente
uno scenario di grand’effetto, come una prima e sorprendente sequenza
cinematografica.
BREVI
NOTE BIOGRAFICHE SU NICOLAS POUSSIN.
Nicolas
Pussin, di nobile famiglia, nasce a Les Andelys in Normandia. Studia a Parigi,
prima con Elle le Vieux e di Lallemand, poi a Fontainebleau.
Nel
1622 diviene amico del poeta Giovanbattista Marino, il quale lo invita a Roma.
Due
anni dopo Poussin è a Roma, dove conosce i cardinali Barberini e Sacchetti, e
Cassiano dal Pozzo, suo grande estimatore e mecenate.
Nel
1625, muore il Marino.
Tra
il 1626 e il 1630 dipinge il Martirio di
Sant’Erasmo, la Morte di Germanico,
la Peste di Azoth, il Regno di Flora.
Nel
1631 sposa Anne Marie Dughet.
Tra
il 1636 e il 1640 lavora ai Baccanali,
commissionati da Richelieu, e ai Sette
Sacramenti, commissionati dal Cassiano, completando il Battesimo soltanto nel 1642.
Nel
1640 torna in Francia, su insistenza del re.
Nel
1642 è di nuovo a Roma, da dove non si muoverà più, anche lavorando per
committenti francesi e per il re.
Nel
1644, per Chantelou, inizia il secondo ciclo dei Sette Sacramenti.
Tra
il 1645 e il 1648 esegue molti dipinti importantissimi, come i paesaggi
storico-filosofici.
Tra
il 1649 e il 1656 produce moltissime celebri tele. È il periodo della maturità.
Nel
1657 muore Cassiano dal Pozzo.
Nel
1658 si ammala di un fastidiosissimo morbo, nonostante il quale riesce a
dipingere fondamentali capolavori.
Nel
1664 muore la moglie.
Il
19 novembre del 1665 il grande artista muore.
BIBLIOGRAFIA
ESSENZIALE:
GIO.
PIETRO BELLORI, Le vite de’ pittori,
scultori et architetti moderni, Ristampa dell’edizione romana del 1672, A. Forni
Editore, S. Bolognese,1977.
IL
POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO
(DESTINATO PERTANTO AI MIEI ALUNNI DELLE CLASSI QUINTE, COME TESTO CRITICO
AGGIUNTIVO MA OPZIONALE AL MANUALE IN USO).
©
G. LUCIO FRAGNOLI
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