Agnolo Bronzino (1503-1572), Allegoria
del trionfo di Venere (ca 1540 -1545), olio su tavola 146 x 116 cm, National Gallery, Londra.
Il
quadro, commissionato al Bronzino dal Duca Cosimo I dei Medici per essere
inviato come dono a Francesco I, re di Francia, propone una raffinatissima interpretazione
del vero senso dell’amore carnale, coi sui batticuori e le sue piacevolezze, ma
che si risolve infine in un illusorio quanto effimero abbaglio.
Ma,
come il desiderio sessuale, anche il più puro trasporto sentimentale è destinato
a svanire, inevitabilmente, nella transitorietà dell’umana esistenza.
È
l’amore stesso, comunque inteso, in forma di concupiscenza o di passione
affettiva, che si trasfigura da momentanea delizia in subdola corrispondenza,
in egoistico diletto.
Protagonisti
della scena sono Venere e Cupido che, in contraddizione con le ordinarie trame
mitologiche in cui compaiono come madre e figlio, sono rappresentati dal
Bronzino come amanti, in un lascivo ed eccitante intreccio seduttivo.
Cosicché
Venere, dalle carni tenere e lattescenti e con in mano il pomo della discordia,
è impudicamente accomodata su un panno azzurro, in una posa erotizzante ed
aggraziata insieme. Molto disinvolta si volge a baciare le labbra di Cupido, sottraendogli
nel contempo una freccia dalla faretra.
Cupido,
dall’incarnato altrettanto chiaro e dalla fisionomia adolescenziale, la bacia
con aria smaliziata, in un avido contatto corporeo, stringendole un seno con
una mano, ma sfilandole con l’altra la preziosa coroncina dai capelli.
Lo sfacciato
erotismo di Venere e Cupido tradisce dunque uno scambievole raggiro, a far
intendere quanto premesso intorno all’amore, che ovviamente costituisce
l’insegnamento morale celato nel dipinto.
Tra
i piedi di Cupido si scorgono una colomba, che allude alla fecondità, ed un
cuscino, che celebra l’atto amoroso stesso, mentre vicino ai piedi di Venere si
distinguono le maschere della commedia e della tragedia, che simboleggiano le
stagioni della vita.
Dietro
gli amanti, l’artista raffigura tutta una serie di personaggi che completano la
forbita messinscena allegorica. Un putto, personificazione della Gioia, irrompe
festoso con una sonagliera alla caviglia, pronto a spargere all’intorno i
petali di rose che tiene tra le mani, simbolo di voluttà e leggiadria. Dietro
di lui si nasconde la figura mostruosa della Frode, metà bambina e metà leone e
rettile, con le mani invertite, in una delle quali ha un favo di miele.
Alla
Gioia ed alla Frode si oppone, dall’altra parte dell’immagine, la figura della
Gelosia, una vecchia sdentata e sgraziata, dal volto scuro e rugoso, che si
strappa i capelli in un urlo collerico.
In
alto domina la figura di un vecchio, la personificazione del Tempo, con la
barba bianca, le ali e la clessidra, metafora dell’ineluttabile scorrere della
vita. Egli è sorpreso nell’atto di reggere il manto turchino su cui Venere è adagiata,
insieme alla figura della Verità, ad ammonirci sulla transitorietà di ogni
faccenda terrena.
IL POST SOPRA RIPORTATO HA
CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO (DESTINATO PERTANTO AGLI APPASSIONATI
E AGLI STUDENTI.
© G. LUCIO FRAGNOLI
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