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mercoledì 9 dicembre 2020

GIASONE di BERTEL THORVALDSEN

 



Bertel Thorvaldsen, Giasone (1803) - Copenaghen, Thorvaldsens Museum.

Analisi stilistica 

Nel Giasone, commissionato dal collezionista Thomas Hope, Bertel Thorvaldsen si ispira all'Apollo del Belvedere, copia romana da originale bronzeo attribuito a Leocare, come modello ideale per il nudo maschile, ma soprattutto al Doriforo di Policleto, di cui ripete la studiata postura. 

Infatti, nel Doriforo, conosciuto solo attraverso riproduzioni marmoree romane, il grande Policleto di Argo, straordinario bronzista ed esteta perfezionista, universalmente considerato il padre della scultura classica, aveva riassunto il suo ideale di bellezza, il cosiddetto bello naturale, nonché i suoi principi sulle proporzioni del corpo umano, da lui enunciati in un trattato tecnico ed estetico, il Canone, di cui ci sono pervenuti solo pochi frammenti.

Il Giasone di Thorvaldsen ripete quindi, con qualche lieve variazione, l’idea policletea di rompere la rigidezza della frontalità, in favore di un senso di moto del personaggio, che gravita sulla gamba destra, mossa naturalmente in avanti e su cui poggia il peso del corpo, mentre l’altra gamba è flessa ma più rilassata e spinta all’indietro. Allo sforzo della gamba destra corrisponde la tensione del braccio sinistro che regge il vello d’oro, così come alla flessione e rilassamento della gamba sinistra corrisponde la posizione di riposo del braccio destro, nella cui mano il mitico personaggio impugna mollemente una lancia. Le parti in tensione, come quelle distese, si corrispondono secondo uno schema ad X, come nell’opera dell’esteta Policleto, da cui Thorvaldsen riprende, ed in modo molto più evidente, la torsione del capo.

Giasone è raffigurato come vincitore, di ritorno dalla Colchide dove, a capo dei suoi argonauti, ha annientato il drago che custodiva il vello d’oro, il prodigioso talismano in cambio del quale riavrà indietro il regno di Iolco, usurpato a suo padre Alcimède dal dispotico zio Pèlia.

Il valore dell’eroe e la portata  della interminabile impresa che egli ha portato a compimento sono completamente riassunti nel portamento nobile e solenne in cui non tradisce alcuna espressione, mentre sorregge col braccio sinistro la pelle di montone a testimonianza del felice epilogo delle sue avventure.

Il personaggio non mostra né orgoglio né compiacimento, in senso completamente neoclassico, in un’aurea di severa e misurata catarsi dei sentimenti umani, cosicché egli ci mostra di sé solo la sua risolutezza, fondamentale virtù che gli ha fatto realizzare perfettamente il proprio destino.   


Altre opere importanti: Cristo e gli Apostoli (1821-27, Copenaghen, Fruekirke); monumento a Pio VII (1831) in S. Pietro; Ganimede e l’aquila di Zeus (1817, Copenaghen, Thorvaldsens Museum).

 

BREVISSIME NOTE BIOGRAFICHE

Thorvaldsen (1770-1844) era figlio di un intagliatore di legno islandese e dal 1781 studiò all'accademia di Copenaghen. Visse  in Italia dal 1796 al 1838, fatta eccezione per  qualche soggiorno in patria, in Germania e in Polonia. A Roma ebbe modo si di dedicarsi allo studio della statuaria antica e delle opere di A. Canova, assimilando le teorie di Winckelmann e Quatremère de Quincy. Dal 1811 insegnò scultura all'Accademia di San Luca. Morì a Copenaghen nel 1844.

IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI APPASSIONATI E AGLI STUDENTI.


Giuseppe Lucio Fragnoli


 


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