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martedì 27 aprile 2021

LA NASCITA DI VENERE di SANDRO BOTTICELLI

 

Sandro Botticelli (1445-1510), La Nascita di Venere (1484-86), tempera su tela (184,5 x 285,5 cm.), Firenze, Galleria degli Uffizi.

 

 LETTURA DELL'OPERA

 

Il nome del committente della tela, citata nelle collezioni medicee soltanto dal 1550, non ci è ancora noto. Sappiamo però che il dipinto era nella villa di Castello di Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, insieme alla Primavera.  La fonte letteraria a cui è ispirato il dipinto è riconducibile, molto probabilmente, ad alcuni eleganti versi del Poliziano (Stanze, XCIX-C-CI): 

 

Vera è la schiuma e vero il mare diresti

e verso il nicchio e ver soffiar di venti;

la dea negli occhi folgorar vedresti,

e ‘i ciel riderli a torno e gli elementi…

 

 

Ma non è esclusa, comunque, unulteriore fonte di ispirazione classica, ossia il poema Metamorfosi di Ovidio o più velatamente un Inno Omerico.

Il momento favoloso rappresentato è quello in cui Venere, sopra una grande conchiglia e appena nata dalla schiuma di un  mare calmo e limpido, viene sospinta verso la riva dell’isola greca di Citèra (attualmente Gerico), in aderenza al mito, dai venti Zefiro e Aura. Ad accoglierla cè un’Ora primaverile, dalla veste bianca trapuntata di margherite, che si premura di coprirla con un prezioso manto purpureo ricamato a fiorame.

Gli sbuffi di Aura e Zefiro muovono i lunghi capelli della dea nuda e dall’espressione incolpevole, che cerca pudicamente di coprirsi il seno e il pube. La scena avviene in una visione pressoché bidimensionale, in un paesaggio luminoso, sereno e ospitale, in una accezione della natura in senso classico e platonico: ideale, incontaminata e benevola. I colori sono tenui e chiari, arricchiti da dorature ed effetti di trasparenza.

La figura centrale del dipinto è la leggiadra Venere, dalla tipica sensualità malata botticelliana, dall’incarnato chiaro e perlaceo, ispirata nella postura da qualche modello classico, probabilmente dalla scultura della Venus pudica, nota da copie. Essa è realizzata con una linea morbida e sinuosa, “funzionale e ritmica”, che piega la reale silhouette femminile alle esigenze stilistiche ed estetiche del “sofistico” artista fiorentino, in un modello molto idealizzato, allungato in modo innaturale ma armonioso.

La Nascita di Venere, come ha sostenuto Giulio Carlo Argan,  è certamente collegabile col tema della Primavera –  non a caso i due quadri si trovavano nello stesso ambiente, richiesti dallo stesso committente – a dimostrazione di una riproposizione di temi mitologici in chiave neoplatonica, ove la Venere simboleggia l’Humànitas, espressione che implica erudizione e ricercatezza, connotazioni imprescindibili della cerchia degli intellettuali fiorentini, dal Poliziano al Ficino, in cui orbitava Botticelli. Ciò spiegherebbe il “segno più sobrio e inciso, nel colore magro e trasparente, nella povertà dell’ornamento, il dipinto sembra voler riaffermare, quasi polemicamente, l’essenzialità, la spiritualità, la verità nuda e senza fronzoli del disegno toscano”.

Ernst Gömbrich ha dimostrato che lo schema compositivo della Venere nascente è identico a quello tipico del Battesimo di Cristo, dato che nella tela botticelliana è raffigurata la Venus-Humànitas del Ficino, interpretando la nascita della dea dall’acqua del mare come rinascita dell’anima dall’acqua del battesimo. Cosa questa, che fa affermare a più di uno studioso che l’opera ha un carattere più spirituale che sensuale.

Se confrontiamo il Battesimo di Cristo di Andrea del Verrocchio e la Nascita di Venere di Botticelli vi troviamo sicuramente molte analogie nell’impostazione compositiva, ma da questo a dire che vi sia una trasfigurazione profano-sacro implicitamente o quantomeno segretamente contenuta nel dipinto degli Uffizi, secondo il mio modesto pensiero, è da escludere assolutamente, fermo restando che qualche concreto rimando al neoplatonismo ficiniano è assai plausibile.  


IL MITO DI VENERE E DELLA SUA NASCITA.

 

Afrodite, il cui nome deriva da aphor, schiuma, con il chiaro riferimento alla sua nascita dalla schiuma del mare, è la divinità greca dell’amore, identificata in seguito nella mitologia romana come Venere. Ma la sua origine è indubbiamente fenicio-babilonese. Infatti, come ci informa Erotodo, il primo santuario della dea Afrodite Urania era situato ad Ascalona in Fenicia, prima che a Cipro, ove ne  localizza la nascita e l’appartenenza Omero, ma anche Esiodo, il quale narra che la dea sarebbe nata nelle acque prospicienti l’isola.    

Nell’area del Mediterraneo occidente, il luogo di culto più importante della dea era sicuramente il santuario punico di Tanit, dea dell’amore e protettrice di Cartagine, cui si sacrificavano fanciulli. Esso si trovava sul monte Erice in Sicilia. Nel tempio si praticavano riti di fecondità e la prostituzione sacra. Dalla Sicilia il culto della dea si diffuse fino a Roma, ove veniva adorata con il nome di Venus Erycina.

In Grecia Afrodite, da dea orientale della fecondità, si combina col culto di una antica divinità locale legata piuttosto alla terra. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e di Dione.  Per Esiodo la dea appartiene completamente al mondo greco. Infatti, egli racconta che Crono recise il membro del dio del Cielo, Urano, impegnato in un amplesso con la Terra.  Il fallo mozzato, galleggiando sulle onde si tramutò in candida spuma, da cui si generò la creatura divina.

Il racconto potrebbe continuare coi versi di Omero (VI Inno):

 

… La potenza di Zeffiro, l’umido stormitore,

duttile la rapì dalle onde del mare che sempre scroscia.

Le Ore dal diadema d’oro la ricoprirono di vesti

Immortali, il capo le cinsero dal serto d’oro mirabilmente intrecciato…   

 

Dove le Ore sono: Eunomia (ordine), Dice (giustizia) e Irene (pace), che sono figlie di Zeus e Temi ed erano preposte all’ordine della Natura nell’alternarsi delle stagioni.

Giacché era nata dal mare, Afrodite era venerata dai naviganti, non come Poseidone, ma come la divinità che rende il mare calmo e navigabile. Ma Afrodite non tramuta in bello e tranquillo il mare soltanto, ma fa divenire bella e feconda anche la terra. Ella, pertanto, è pure la dea della primavera e, come tale, sospinge all’amore, venendo implicitamente associata al matrimonio, pur non rappresentando propriamente l’unione coniugale, di cui è protettrice Giunone.  Alla dea Afrodite, o Venere, sono sacre il mirto, il melograno, la rosa, nonché la mela, primordiale frutto dell’amore.

L’esatta iconografia della dea corrisponde a quella di una fanciulla di straordinaria bellezza, col corpo avvolto da rose e da ramoscelli di mirto, adagiata su un carro trainato da passeri, cigni e colombe.  Ella è fasciata da una cintola portentosa che rende irresistibilmente seducente chiunque la indossasse, dato che vi è intrecciato ogni incantesimo d’amore. Afrodite è seguita dalle Grazie e dai geni della cupidigia e della persuasione: ErosPothos e  Imeros. Come riferisce Esiodo, suoi erano il chiacchiericcio della fanciulla, l’inganno e la dolce voluttà, l’amplesso e la carezza.  

Afrodite è l’assoluta personificazione della bellezza, cui Paride assegnò il famoso pomo lasciato cadere dalla Discordia sulla mensa nuziale di Peleo e Teti con sopra scritto “Alla più bella”, prediligendola a Giunone e Minerva, seppur con la promessa di avere in cambio l’amore di Elena.

Per imposizione di Zeus, Afrodite sposò Vulcano, che tradì ben presto con Marte da cui ebbe due figli: Eros (l’Amore) e Anteros (l’Amore corrisposto).  

Oltre a Marte, molti altri dei furono gli amanti di Afrodite: con Dionisio ella concepì Imene e le Grazie, con Mercurio generò invece Ermafrodito, e anche da Poseidone avrebbe avuto un figlio, Rodo, personificazione divina dell’isola di Rodi. Ma il suo amante preferito fu Adone, che cadde vittima della viscerale gelosia di Marte.  Da un suo abbraccio con l’eroe troiano Anchise nacque il pio Enea, nell’estensione romana delle sue gesta amorose. Ma Venere era  anche considerata dea della fortuna, tanto che se ne invocava spesso l’intervento benevolo nel gioco dei dati.   


BIBLIOGRAFIA.

 

Breve ma veridica storia della pittura italiana, Roberto Longhi, Sansoni;

Dei e Miti, A. Morelli, Melita;

Botticelli, Giulio Carlo Argan, SKIRA;

Botticelli, Marco Albertario, Elemont Art;

Vivere l’arte, Fumarco – Beltrame, Mondatori;

Itinerario nell’arte, Cricco – Di Teodoro, Zanichelli;

Figura, Bernini – Rota, Laterza; Cento Dipinti: La Primavera, Federico Zeri, Rizzoli;

Botticelli, Marco Albertario, Elemond Art, Milano.

 


© G. LUCIO FRAGNOLI   


IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI. 


 

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