Jean-Auguste-Dominique
Ingres, Il Sogno di
Ossian (1813), olio su tela (348 cm × 275
cm), Musée Ingres - Mountauban.
L’opera, realizzata nel 1813, era
posta sul soffitto della camera da letto di Napolene, nel Palazzo del
Quirinale. Essa ritornò di proprietà dell’autore nel 1835, il quale, dopo
avervi apportato alcune modifiche, nel 1867 la donò alla città di Mountauban.
Il soggetto rappresentato è tratto
dal poema I canti di Ossian, ispirato alle gesta
dell’eroe Fingal, del 1765, di James Macpherson, che lo elaborò
partendo antichi poemi, che si rilevarono poi dei falsi. Le epiche vicende,
ambientate in tempi lontanissimi negli altopiani scozzesi e cantate del bardo
Ossian, considerato l’Omero celtico, ebbero un considerevole successo,
specialmente nell’ambito preromantico e romantico.
Il mondo mitologico ed epico poetato
da Ossian, nordico e celtico, fu uno dei grandi temi del Romanticismo,
contrapponendosi ai miti della classicità greca e all’epopea omerica. Allo
stesso modo i romantici sostituirono all’antichità greco-romana il medioevo
tenebroso e cavalleresco, la realtà alla metafora, l’oriente di sogno all’occidente
classico.
Nel dipinto è rappresentato il bardo
Ossian, addormentato sulla sua lira e sognante, contro lo sfondo di una
frastagliata e scoscesa scogliera, appena illuminata dalla luce della luna, oltre
cui si estende il mare, di un blu intenso e profondo.
Dalla sua mente, e sopra il suo capo
riverso sulla lira, prende forma il sogno, la cui irrealtà è resa dalla pallida
luce lunare e dalla monocromia propria del vagheggiamento, che assume una
dimensione altamente onirica, ove si materializzano gli eroi dei suoi poemi,
poggiati su un’eterea costruzione di nuvole: il figlio Oscar e l’amante di lui
Malvina, che guida il cantore celtico nel regno della morte ed in quello dei
sogni, e ancora si distinguono i guerrieri ed il re delle Nevi, con le proprie
figlie che suonano l’arpa, in una vista che sfuma tenuamente e si perde
all’infinito.
Il Sogno di Ossian, dimostra come Ingres, artista pragmatico e sofisticato al tempo stesso, si misura con pari interesse con temi assolutamente neoclassici, come l’Apoteosi di Omero, e temi perfettamente romantici, come l’opera in questione o la serie favolosa di odalische, chiuse negli harem o a mollo nei bagni turchi ottomani. Per capire Ingres è indispensabile, appunto questo, come qualsiasi suo soggetto, ora tratto dal repertorio classico, ora da quello romantico, sia ricondotto sempre alla sua personale visione, sempre studiatissima dal punto di vista compositivo e di impostazione prospettica, nitida e raffinata nella stesura pittorica, in una pignola resa cromatica del reale, ma comunque sempre classica, un classicismo interpretato perlopiù in chiave raffaellesca.
Vita in breve di Ingres
Jean-Auguste-Dominique Ingres nasce a
Mountauban il 20 agosto del 1870. Figlio maggio-re del pittore Jean-Marie-Joseph,
è scolaro di David, a Parigi dal 1797.
Nel 1801 vince il Prix de Rome con il
dipinto Achille e gli inviati di Agamennone. L’anno successivo apre un atelier
nell’ex convento dei Cappuccini, giungendo presto ad una notorietà che gli
permetterà di eseguire nel 1804 il ritratto di Napoleone I console e due anni
dopo Napoleone in trono.
Nel 1810 risiede e lavora stabilmente
a Roma e nel 1813 sposa Madeleine Chapelle. In un periodo che va fino al
1914 dipinge opere di grande effetto come il Sogno di Ossian, Raffaello e la
Fornarina, Paolo e Francesca e la Grande odalisca. Dopo la caduta di Napoleone
nel 1815, lavora per una committenza ridotta e meno facoltosa.
Nel 1819 invia Ruggero e Angelica e
la Grande Odalisca al Salon, riscuotendo giudizi poco favorevoli dalla critica.
Nel 1820 si trasferisce a Firenze e
nel 1823 è eletto membro corrispondente dell’Accadémie des Beaux-Arts di
Parigi. Dal 1824 è a Parigi e l’anno seguente vi apre uno studio in vie Visconti,
ricevendo la Legion d’Onore e venendo anche eletto membro dell’Accadémie des
Beaux-Arts.
Nel 1834 Ingres è di nuovo a Roma
come direttore dell’Accademia di Francia.
Nel 1841 ritorna a Parigi.
Nel 1849 muore la moglie, ma
l’artista si risposa, due anni dopo, con Delphine Ramel. All’Esposizione
universale del 1855 espone 43 dipinti in una sala a lui esclusivamente
de-dicata. Nel 1862 è nominato senotore.
Il 1867, alla sua morte, viene
allestita una grande mostra in suo onore all’École des Beaux-Arts.
Bibliografia: Federico
Zeri, Cento Dipinti, Ingres, Bagno turco, 1998 RCS Libri S.p.A. – Mi-lano;
Annalisa Zanni, I Gigli dell’Arte, Ingres, 1990 Cantini Editore, Borgo S.
Croce, Firenze; Piero Adorno, L’arte italiana (dal Settecento ai nostri giorni),
1994 Casa Editrice G. D’Anna, Messina-Firenze.
© G. LUCIO FRAGNOLI
IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.
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