Eugène Delacroix, La
Libertà che guida il popolo (1830, olio su tela, cm.260x325), Parigi,
Museo del Louvre.
(La tela venne esposta al
Salon del 1831.)
Nel 1929 il re di Francia Carlo X di
Borbone, succeduto a Luigi XVIII nel 1824, sostenuto dai monarchici assolutisti,
insediò un governo reazionario guidato da Jules Polignac, capo della Congregazione,
una fazione collegata alla consorteria dei Gesuiti.
Dopo la vittoria delle opposizioni
liberali alle elezioni, Carlo X sciolse le Camere prima ancora che si fossero
insediate, cambiando il sistema elettorale a suo favore e indicendo nuove
elezioni. Come se non bastasse, il re sospese la libertà di stampa, una stampa
ben organizzata che, nella Parigi del tempo, era fondamentale per la formazione
dell’opinione pubblica.
Ma la rivolta non si fece aspettare.
Prima insorsero i giornalisti, subito dopo i deputati, e dopo ancora, dal 27
luglio in poi, tutte le categorie sociali, che in meno di tre giorni furono
capaci di spazzare via l’esercito lealista.
In quelle che furono poi
chiamate Le Tre Gloriose Giornate (27 al 29 luglio del 1830),
il popolo di Parigi costrinse il re ad allontanare Polignac e a revocare le
ordinanze emesse. Il 29 luglio, infine, fu instaurata una monarchia
costituzionale guidata da Luigi Filippo D’Orleans, cugino di Carlo X.
Delacroix documenta l’evento qualche
tempo dopo, secondo il suo modo di essere, da “semplice passeggiatore”, come
era solito autodefinirsi, con un dipinto di grosse dimensioni, esaltando la
potenza del fatto di cronaca in un’immagine di chiaro significato politico,
divenuto ben presto l’icona degli ideali democratici.
Il caposcuola romantico,
riferendosi alla Zattera della Medusa di Géricault, organizza la figurazione
secondo uno schema piramidale, di cadaveri chiaramente in contrasto con i
concitati rivoltosi, il cui vertice coincide con la mano destra della figura
muliebre della Libertà, che tiene in alto la bandiera tricolore.
La Libertà, dal seno scoperto e con
un berretto frìgio - chiaro simbolo rivoluzionario -, stringe nella mano
sinistra un fucile ed incede impavida sul cumulo di morti, incitando il popolo
a seguirla. Essa è concepita come figura reale e allegorica insieme, con la
doppia connotazione di popolana e di tipo ideale, che rimanda vagamente alla
statuaria classica.
Dietro di lei avanza il popolo in
armi, rappresentato dalle varie classi sociali, tra cui spiccano un operaio
con ancora il grembiule da lavoro indosso, lo stesso autore che si
ritrae nell’abito da guardia nazionale, il personaggio di un ragazzo con le
pistole in pugno che ricorda il monello Gavroche di Victor
Hugo, il personaggio di un giovane che si solleva sui cadaveri e osserva
fiducioso la condottiera, a rappresentare l’intero popolo francese, come si
capisce dai colori dei suoi abiti che sono gli stessi della bandiera.
La visione di Delacroix insegue un
realismo crudo e persino macabro, in un assunto ideologico privo di fraintesi
ed un enunciato del nuovo modo di fare “arte romantica”, libero ed
incondizionato, in cui l’autore diviene il solo padrone della sua arte, e
soprattutto delle sue convinzioni. Sullo sfondo, dietro il tumulto della gente
in rivolta, nel fumo delle cannonate e degli incendi, che infonde un tono di
forte tensione ideale e di supremo eroismo, si intravedono le torri campanarie
di Notre Dame, a contestualizzare l’evento. Il dramma e la concitazione sono
resi ancor più evidenti dal colorismo fluido e materico, dato con pennellate
decise e calcolate rispetto all’effetto di dinamismo oscillante dell’azione.
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