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giovedì 25 febbraio 2021

I ROMANI DELLA DECADENZA di THOMAS COUTURE


 I Romani della decadenza di Thomas Couture

(1847), olio su tela (472 x 772 cm), Musée d’Orsay di PARIGI.

 

ANALISI DELL’OPERA

I Romani della decadenza è da tutti considerato l’assoluto capolavoro di Thomas Couture, pittore sicuramente accademico, ma talentuoso e assai istruito. Nell’opera, che riscosse al suo tempo grande successo, l’autore immagina una scena di perdizione, ambientata in una ricchissima domus dell’antica Roma, in uno sfarzoso androne porticato con colonne corinzie, dietro le quali si scorge un ampio cortile fiancheggiato da maestosi palazzi e chiuso da un’esedra, sotto un cielo luminoso e percorso da innocue nuvole capricciose. Al cospetto di statue di virtuosi antenati posizionate all’intorno si sta svolgendo un indegno baccanale con un discreto numero di personaggi, in preda all’ubriachezza e alla sfrenata lussuria. Travestiti da bacchi e da baccanti, in piedi o adagiati sui talami avvolti da stoffe pregiate, tutti i personaggi, uomini e donne, mostrano i segni d’ubriachezza, con espressioni lascive. Alcuni crollano in preda all’offuscamento dei sensi. Altri, non ancora completamente storditi dal vino, inneggiano al dio dell’ebbrezza e della voluttà, come il personaggio in primo piano, voltato di spalle, che solleva in alto la coppa appena svuotata. Ai suoi piedi un’anfora vuota, rovesciata in terra tra frutti e grappoli d’uva, e un’anfora ancora piena cui s’intrecciano festoni. Un altro bacco, alla destra del dipinto, sale addirittura sul basamento di una statua e avvicina la sua coppa alla pergamena arrotolata della figura marmorea, come per farsi versare da essa della bevanda, irridendone il serioso aspetto.

Al centro dell’ammucchiata una donna dall’aria svagata si abbandona contro il petto di un vizioso convenuto, che porge la sua coppa all’impudica amante di un altro adoratore di Dionisio. La lupa gli sta versano una perla nel vino, sicuramente. Sotto lo sguardo licenzioso di un’altra menade, che ricorda la Grande odalisca di Ingres, legata a un grasso riccone godereccio, pure lui in preda all’intronamento alcolico. Alle loro spalle intanto una malafemmina si dimena eccitata. Tutto fa pensare che il saturnale sia ormai al suo culmine, ma che proseguirà ancora, fino allo sfinimento, mentre da destra sono entrati in scena due inattesi personaggi dall’aria severa, ovviamente due stranieri, si capisce dalle loro barbe lunghe, soprattutto. Che si fermano a scrutare sdegnati l’osceno festeggiamento. Come pure le statue degli onesti antenati, pare che assistano rattristati all’indegno spettacolo orgiastico.

Chiaro è a questo punto il significato del dipinto, che allude al decadimento sociale del tempo di Couture, che sfocerà nella rivoluzione dell’anno dopo, alla fine violentemente repressa. L’intento sfacciatamente morale del dipinto - secondo il mio modo di vedere - ne costituisce il tallone d’Achille, specialmente agli occhi di taluni critici, che già lo trovano troppo leziosamente retorico. Io penso, invece, che il dipinto, oltre a una sicura importanza storica, costituisce un intrigante episodio di persistenza di amore e attenzione per la pittura di certi grandi maestri del passato eppure della contemporaneità di Couture. Come pure persisteva allora un certo gusto classico, seppure si era già nel tempo del realismo. Non dimentichiamo che Ingres, alla metà dell’ottocento, godeva ancora di ottima fama.    

Stilisticamente parlando, l’intera composizione è ben strutturata, nonostante un complessivo accento declamatorio. I personaggi, certamente ottimamente disegnati, formano un nutrito e animato gruppo, tutti perfettamente coinvolti e organizzati secondo posture, gesti e atteggiamenti vari e alquanto armonici, inseriti nello spazio dipinto, un po’ alla Veronese, con estrema perizia. Il colorismo è contenuto ma ben accordato. Si tratta insomma di una fondamentale opera d’arte.  

 

Brevi notizie sulla vita  

Thomas Couture (Senlis 1815 – Villiers-le-Bel 1879) è universalmente considerato uno dei maggiori esponenti della pittura accademica francese dell’ottocento.

Visse ed operò soprattutto a Parigi, dove la famiglia si era trasferita nell’anno stesso della sua nascita.

A Parigi studiò all’École des Beaux-Arts e Métiers e all’École des Beaux-Arts. Si formò negli studi di Antoine-Jean Gros e di Paul Delaroche ed ebbe come allievi Édouard Manet e Pierre Puvis de Chavannes. Espose per la prima volta al Salon del 1840, imponendosi al grande pubblico con Les Romains de la décadence, presentato al Salon del 1847, un anno prima della rivoluzione del ’48, che abbatté la monarchia di luglio.   

 

IL POST SOPRA RIPORTATO HA SCOPO ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO, ED È RIVOLTO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.

 


© G. LUCIO FRAGNOLI

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