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martedì 16 febbraio 2021

LA CAPPELLA CERASI IN SANTA MARIA DEL POPOLO di CARAVAGGIO

 




La cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo.



La Conversione di San Paolo
  (1601) e La Crocifissione di San Pietro  (1601) 

 

Il 24 settembre dell’anno 1600, completate le tele della Vocazione e del Martirio di San Matteo nella Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, il Caravaggio ricevette un’altra prestigiosa commissione per due dipinti laterali per la Cappella Cerasi, in Santa Maria del Popolo, da poco acquistata dal monsignor Tiberio Cerasi.   

I quadri dovevano avere per soggetto la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro. Per la pala d’altare il Cerasi aveva incaricato un altro grande pittore come Annibale Carracci, al quale richiese un’Assunta come soggetto del dipinto.

La duplice scelta, Carracci e Caravaggio, ci fa capire che i due artisti erano al momento i più stimati in tutta Roma. L’opzione di affidare le scene laterali, certamente di più difficoltosa impostazione rispetto allo spazio angusto della cappella, sta a significare come il committente nutrisse per il Merisi maggior fiducia per la risoluzione del problema.

Nel “Contratto per dipingere due quadri”, stipulato il 25 settembre del 1600, così si legge: Michelangelo Merisi da Caravaggio sito nella diocesi di Milano, egregio pittore in Roma, si è impegnato di Volontà con il molto reverendo Tiberio Cerasi, tesoriere generale di Sua Santità e della Camera Apostolica, in Sua presenza a dipingere due quadri: uno dovrà rappresentare il mistero della conversione di San Paolo, l’altro il martirio di San Pietro.

Monsignor Cerasi pretese che i due soggetti fossero eseguiti su tavola di cipresso e preceduti da modelli. Cosicché il Merisi dipinse pure i modelli su tavola di cipresso, ma nonostante l’ottimo risultato raggiunto, secondo il Baglione, biografo del pittore lombardo, non piacquero al padrone. Ed infatti passarono in altre mani.

Preferendo realizzare le due opere su tela, essendo la superficie della tela più adatta alla sua pittura, il Caravaggio si adoperò molto per convincere il monsignore che, infine, con qualche perplessità, comunque accettò.   

Nei due dipinti, il Caravaggio rinuncia a qualsiasi ambientazione. È nei personaggi stessi il senso dell’ambientazione. I personaggi, dipinti in scala naturale e con prospettive raccorciate, ingombrano interamente la scena, accorgimento questo dovuto anche e soprattutto alla limitata possibilità di osservazione che offriva l’angusto spazio della cappella.

 

 

Nella Conversione di San Paolo (1601), l’evento prodigioso si è appena concluso, il soldato Paolo giace quasi tramortito in terra, intanto che il suo cavallo è tenuto al guinzaglio da uno scudiero. Le tre figure occupano interamente lo spazio del quadro, negando un qualsivoglia riferimento ad un luogo preciso. Ed invero non mancò chi al tempo chiamò il quadro Conversione di un cavallo, tanto era precipua la presenza dell’animale. Qualche altro decantò il cavallo pomellato che è simile al vero, cui si aggiunse l’autore stesso, che sarcasticamente commentò: Il cavallo al Popolo l’ho finto per una conversione di San Paolo (…), come per parafrasare indubitabilmente la sua visione realistica ove il miracolo sembra ridotto a mero incidente di scuderia, ma che in realtà accade soltanto nella mente di Paolo, che rivolge lo sguardo in alto, estasiato dalla luce divina. Il miracolo della conversione in effetti riguarda esclusivamente lui, e soltanto lui discerne ciò che a noi è impedito di vedere.



Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Conversione di San Paolo (1601), olio su tela ( 230 × 175 cm), Santa Maria del Popolo, Roma.

 


Nella Crocifissione di San Pietro (1601), secondo Roberto Longhi, Le cose accadono con un’evidenza incolpevole dove ognuno attende all’opera sua. La desolazione insomma è nel fatto su cui sta allo spettatore giudicare. Sulle rocce brune che saranno (con quella luce negli occhi) l’ultimo ricordo del martire, presso la cava di pozzolana o la calcara di San Pietro in Montorio, il pittore, impassibile, “gira” la fatica dei serventi (il cui gesto, è doveroso riconoscerlo, è di operai che si affaticano e non di carnefici che increduliscano alla bisogna) tutti in giubboni e braghe frusti, baveri sgualciti (eppur rifiorenti nel lume), piedi fangosi e con pochi attrezzi. E riprende da vicino il santo, forse notissimo modello buono di via Margutta, che, già inflitto alla croce, ci guarda calmo, cosciente come moderno eroe laico; mentre il martello bigioazzurro va scivolando in angolo sotto l’ombra del badile brunito, accanto al pietrone friabile e caldo come un pane ancora impolverato dalla cenere di un forno.

Dal commento del Longhi si nota come nella scena sia assente qualunque elemento non utile alla composizione, dalla disposizione delle figure secondo una X, che però divergono dal centro del quadro. Tale particolare ordine dei personaggi è su un piano non parallelo al piano della tela, ed è lievemente inclinato a penetrare lo spazio di quel tanto che basta per collocarvi i volumi.

La scena è quasi interamente occupata dai tre fatali operai e dal santo inchiodato alla croce, a testa in giù. Non vi sono riferimenti ad un luogo perfettamente definito, i pochi elementi che fanno pensare, come ha osservato il Longhi, ad una cava di pozzolana o ad una calcara, sono essi stessi indicativi della raccapricciante e commovente fine riservata all’apostolo.

I gesti dei carnefici sono lenti e misurati, non vi è concitazione e tantomeno accanimento verso il vecchio mistico che, consapevole, attende che si compia il suo inesorabile destino. Calmo, il popolano fattosi santo va incontro al suo martirio, discernendo nella morte la sua incrollabile fede e la sua salvazione, nel racconto semplice e veridico della Bibbia caravaggesca.  



 Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Crocifissione di San Pietro (1601), olio su tela ( 230 × 175 cm), Santa Maria del Popolo, Roma.



IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO (DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI). 




© G. LUCIO FRAGNOLI


 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

R.LONGHI, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma, 1968.

A.CHASTEL, Storia dell’arte italiana, Newton Compton Editori, Laterza, Bari,1993.

G.P.BELLORI, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Ristampa dell’edizione romana del 1672, A. Forni Editore, S.Bolognese,1977.

M.MARINI, Caravaggio, Newton Compton Editori S.r.l., Roma, 1989

 

 


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