La cappella Cerasi in Santa Maria del
Popolo.
La Conversione di San Paolo (1601) e La Crocifissione
di San Pietro (1601)
Il 24 settembre dell’anno 1600, completate
le tele della Vocazione e del Martirio di San Matteo nella
Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, il Caravaggio ricevette un’altra
prestigiosa commissione per due dipinti laterali per la Cappella Cerasi, in
Santa Maria del Popolo, da poco acquistata dal monsignor Tiberio
Cerasi.
I quadri dovevano avere per soggetto
la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San
Pietro. Per la pala d’altare il Cerasi aveva incaricato un altro grande
pittore come Annibale Carracci, al quale richiese un’Assunta come
soggetto del dipinto.
La duplice scelta, Carracci e Caravaggio,
ci fa capire che i due artisti erano al momento i più stimati in tutta Roma.
L’opzione di affidare le scene laterali, certamente di più difficoltosa
impostazione rispetto allo spazio angusto della cappella, sta a significare
come il committente nutrisse per il Merisi maggior fiducia per la risoluzione
del problema.
Nel “Contratto per dipingere due quadri”,
stipulato il 25 settembre del 1600, così si legge: Michelangelo Merisi
da Caravaggio sito nella diocesi di Milano, egregio pittore in Roma, si è
impegnato di Volontà con il molto reverendo Tiberio Cerasi, tesoriere generale
di Sua Santità e della Camera Apostolica, in Sua presenza a dipingere due
quadri: uno dovrà rappresentare il mistero della conversione di San Paolo,
l’altro il martirio di San Pietro.
Monsignor Cerasi pretese che i due
soggetti fossero eseguiti su tavola di cipresso e preceduti da modelli.
Cosicché il Merisi dipinse pure i modelli su tavola di cipresso, ma nonostante
l’ottimo risultato raggiunto, secondo il Baglione, biografo del pittore
lombardo, non piacquero al padrone. Ed infatti passarono in altre
mani.
Preferendo realizzare le due opere su
tela, essendo la superficie della tela più adatta alla sua pittura, il
Caravaggio si adoperò molto per convincere il monsignore che, infine, con
qualche perplessità, comunque accettò.
Nei due dipinti, il Caravaggio rinuncia a
qualsiasi ambientazione. È nei personaggi stessi il senso dell’ambientazione. I
personaggi, dipinti in scala naturale e con prospettive raccorciate, ingombrano
interamente la scena, accorgimento questo dovuto anche e soprattutto alla
limitata possibilità di osservazione che offriva l’angusto spazio della
cappella.
Nella Conversione di San Paolo (1601),
l’evento prodigioso si è appena concluso, il soldato Paolo giace quasi
tramortito in terra, intanto che il suo cavallo è tenuto al guinzaglio da uno
scudiero. Le tre figure occupano interamente lo spazio del quadro, negando un
qualsivoglia riferimento ad un luogo preciso. Ed invero non mancò chi al tempo
chiamò il quadro Conversione di un cavallo, tanto era precipua la
presenza dell’animale. Qualche altro decantò il cavallo pomellato che è
simile al vero, cui si aggiunse l’autore stesso, che sarcasticamente
commentò: Il cavallo al Popolo l’ho finto per una conversione di San
Paolo (…), come per parafrasare indubitabilmente la sua visione
realistica ove il miracolo sembra ridotto a mero incidente di scuderia, ma che
in realtà accade soltanto nella mente di Paolo, che rivolge lo sguardo in alto,
estasiato dalla luce divina. Il miracolo della conversione in effetti riguarda
esclusivamente lui, e soltanto lui discerne ciò che a noi è impedito di vedere.
Michelangelo Merisi detto
Caravaggio, Conversione
di San Paolo (1601),
olio su tela ( 230 × 175 cm), Santa
Maria del Popolo, Roma.
Nella Crocifissione di San Pietro (1601), secondo
Roberto Longhi, Le cose accadono con un’evidenza incolpevole dove
ognuno attende all’opera sua. La desolazione insomma è nel fatto su cui sta
allo spettatore giudicare. Sulle rocce brune che saranno (con quella luce negli
occhi) l’ultimo ricordo del martire, presso la cava di pozzolana o la calcara
di San Pietro in Montorio, il pittore, impassibile, “gira” la fatica dei
serventi (il cui gesto, è doveroso riconoscerlo, è di operai che si affaticano
e non di carnefici che increduliscano alla bisogna) tutti in giubboni e braghe
frusti, baveri sgualciti (eppur rifiorenti nel lume), piedi fangosi e con pochi
attrezzi. E riprende da vicino il santo, forse notissimo modello buono di via
Margutta, che, già inflitto alla croce, ci guarda calmo, cosciente come moderno
eroe laico; mentre il martello bigioazzurro va scivolando in angolo sotto
l’ombra del badile brunito, accanto al pietrone friabile e caldo come un pane
ancora impolverato dalla cenere di un forno.
Dal commento del Longhi si nota come nella
scena sia assente qualunque elemento non utile alla composizione, dalla
disposizione delle figure secondo una X, che però divergono dal centro del
quadro. Tale particolare ordine dei personaggi è su un piano non parallelo al piano
della tela, ed è lievemente inclinato a penetrare lo spazio di quel tanto che
basta per collocarvi i volumi.
La scena è quasi interamente occupata dai
tre fatali operai e dal santo inchiodato alla croce, a testa
in giù. Non vi sono riferimenti ad un luogo perfettamente definito, i pochi
elementi che fanno pensare, come ha osservato il Longhi, ad una cava di
pozzolana o ad una calcara, sono essi stessi indicativi della raccapricciante e
commovente fine riservata all’apostolo.
I gesti dei carnefici sono lenti e
misurati, non vi è concitazione e tantomeno accanimento verso il vecchio
mistico che, consapevole, attende che si compia il suo inesorabile
destino. Calmo, il popolano fattosi santo va incontro al suo
martirio, discernendo nella morte la sua incrollabile fede e la sua salvazione,
nel racconto semplice e veridico della Bibbia caravaggesca.
Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Crocifissione di San Pietro (1601), olio su tela ( 230 × 175 cm), Santa Maria del Popolo, Roma.
IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE
ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO (DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI).
© G. LUCIO FRAGNOLI
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:
R.LONGHI, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma, 1968.
A.CHASTEL, Storia dell’arte
italiana, Newton Compton Editori, Laterza, Bari,1993.
G.P.BELLORI, Le vite de’
pittori, scultori et architetti moderni, Ristampa dell’edizione romana del
1672, A. Forni Editore, S.Bolognese,1977.
M.MARINI, Caravaggio,
Newton Compton Editori S.r.l., Roma, 1989
Nessun commento:
Posta un commento