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giovedì 15 settembre 2022

LA DEPOSIZIONE del CARAVAGGIO

 

Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Deposizione o Sepoltura di Cristo (1602 - 1604), olio su tela ( 300 × 203 cm), Pinacoteca Vaticana, Città del Vaticano.

Egli allora (Giuseppe d’Arimatea), comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l’entrata del sepolcro. Intanto Maria di Magdala e Maria madre di Joses stavano ad osservare dove veniva sepolto (Marco XV, 46 e 47).

 

 

“LA DEPOSIZIONE” O “SEPOLTURA DI CRISTO”

 

 

Un anno dopo l’esecuzione dei dipinti della Cappella Cerasi in di Santa Maria del Popolo (1600-1601), per la benevola intercessione del Cardinale Federico Borromeo, il Caravaggio ottenne un’altra importantissima commissione pubblica, conferitagli da Girolamo Vittrice, per una Sepoltura di Cristo o Deposizione, da collocarsi sull’altare della Cappella dei Vittrice, nella Chiesa Nuova, concessa agli Oratoriani di San Filippo Neri, vicinissimi al Borromeo e appartenenti anch’essi all’ala pauperista della Controriforma, che faceva capo allo stesso Cardinale.

La Chiesa Nuova, progettata dall’architetto Martino Longhi il Vecchio, fu quasi totalmente edificata tra il 1586 ed il 1588, ristrutturando l’esistente chiesa di Santa Maria in Vallicella, che era stata ampliata con l’aggiunta di due navate laterali all’unica navata della preesistente costruzione, con la ulteriore realizzazione di cinque cappelle per ciascun lato del corpo basilicale più quelle del transetto.

Alla morte di Martino Longhi, i lavori di completamento furono condotti dal figlio Onorio – inseparabile amico del Caravaggio – il quale, tra il 1600 ed il 1602, con la supervisione del padre oratoriano Giovan Battista Guerra, ultimò con proprio progetto la Cappella di San filippo Neri.

La Sepoltura di Cristo (o Deposizione) fu definita dalla critica ottocentesca come un “funerale di una tribù di zingari”, giudizio questo condiviso anche da qualche critico moderno. D’altra parte, molti studiosi del nostro tempo vedono in essa una battuta d’arresto nell’evoluzione stilistica caravaggesca, riscontrando nell’equilibrio e nella compostezza del gruppo dei personaggi un avvicendamento ai coevi affreschi carracceschi di Palazzo Farnese.

Il Baglione, lo Scannelli e il von Sandrart reputarono La Sepoltura di Cristo la migliore opera del Merisi. Ad essi si associò l’abate Giovanni Pietro Bellori, che così ne commentò: Ben tra le megliori opere, che uscissero dal pennello di Michelangelo si tiene meritatamente in istima la Deposizione di Cristo nella Chiesa Nuova de’ Padri dell’Oratorio; situate le figure sopra una pietra nell’apertura del sepolcro. Vedasi in mezzo il sacro corpo, lo regge Nicodemo da piedi, abbracciandolo sotto le ginocchia, e nell’abbassarsi le cosce, escono in fuori le gambe. Di là San Giovanni sottopone un braccio alla spalla del Redentore, e resta supina la faccia, e l’petto pallido à morte, pendolo il braccio col lenzuolo; e tutto l’ignudo è ritratto con forza della più esatta imitatione. Dietro Nicodemo si veggono alquanto le Marie dolenti, l’una con le braccia sollevate, l’altra col velo à gli occhi, e la terza riguarda il Signore.   

Gli studiosi, soprattutto dal punto iconografico, hanno proposto varie chiavi di lettura dell’opera, tra le quali mi pare interessantissima quella di Le Grave, che non a torto sostiene come nell’opera siano congiuntamente presenti i motivi della Deposizione, della Pietà, e dell’Estremo Commiato innanzi al sepolcro e come il grande lastrone di pietra richiami direttamente la Pietra maculata dell’unzione, sulla quale il corpo esanime del Cristo fu cosparso d’unguenti profumati, prima d’essere tumulato, e su cui si incisero sotto forma di macchioline bianche le lacrime della Madonna. La pietra, si sa per certo, era custodita a Costantinopoli fino all’anno 1204, quando la città fu saccheggiata dai crociati, i quali, molto probabilmente, la trafugarono, facendone perdere ogni traccia.

L’iconografia dell’opera è alquanto fedele a quella tradizionale: i personaggi radunati sul lastrone sono San Giovanni e Giuseppe d’Arimatea (o Nicodemo, come riferisce Bellori), che sostengono il corpo senza vita di Gesù, Maria di Magdala, Maria Madre di Joses e Maria di Cleofa con le braccia alzate al cielo.


© G. LUCIO FRAGNOLI


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

R.LONGHI, Caravaggio, Editori Riuniti, Roma, 1968. 

A.CHASTEL, Storia dell’arte italiana, Newton Compton Editori, Laterza, Bari,1993. 

G.P.BELLORI, Le vite de’ pittori, scultori et architetti moderni, Ristampa dell’edizione romana del 1672, A. Forni Editore, S.Bolognese,1977. 

M.MARINI, Caravaggio, Newton Compton Editori S.r.l., Roma, 1989.

 

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