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mercoledì 21 settembre 2022

IL GIURAMENTO DEGLI ORAZI di Jacques-Louis David

Jacques-Louis David (Parigi, 1748 - Bruxelles, 1825), Il giuramento degli Orazi (1784, olio su tela, 326 x 420 cm) Musée du Louvre, Parigi.


LETTURA DELL’OPERA 

Il Giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David, è ispirato dalla tragedia Horace di Corneille, tratta dalla leggenda romana, secondo cui, nell’età del re Tullio Ostilio (VII sec. a.C.) i tre fratelli Orazi si offrirono per combattere contro i tre fratelli Curiazi e decidere così le sorti del conflitto tra Roma e Albalonga. Di tutto l’episodio, il pittore sceglie il momento di maggiore tensione psicologica, ossia il rito del giuramento, che si svolge alle prime luci dell’alba, all’interno di un chiostro proto-tuscanico. Attraverso uno schema prospettico rigoroso, David realizza uno spazio tripartito, in cui sono studiatamente collocati i vari personaggi, i quali  rappresentano tre stati d’animo diversi: la determinazione e l’amor patrio del padre, messo al centro della composizione, che porge le spade;  l’eroismo e la pronta adesione dei tre guerrieri al patto d’onore; cui si contrappone il sentimento più ordinario di dolore delle donne, tra le quali se ne scorge una vestita di nero, una vedova indubbiamente, che anticipa l’esito tragico della vicenda.

L’ordine spaziale davidiano, sobrio ed essenziale, è concepito per un preciso effetto teatrale e in funzione della chiarezza del messaggio. Nel caso del Giuramento esso è caratterizzato da arcate su colonne proto-tuscaniche (o proto-doriche) che rimandano all’età arcaica, incorrotta e governata da leggi equanimi.

CONSIDERAZIONI GENERALI 

Gli sforzi dell’artista, a partire dagli anni del suo primo soggiorno romano, erano orientati verso la ricerca di uno stile adatto a raffigurare soggetti di elevato significato etico. Dipinti come La morte di Socrate (1787), Il giuramento degli Orazi (1784), I littori che portano a Bruto i corpi dei suoi figli (1789) furono il risultato di questa attenta ricerca, in un periodo in cui Luigi XVI stava portando avanti un programma di moralizzazione della società. Il giuramento degli Orazi e I littori che portano a Bruto i corpi dei suoi figli, vennero commissionati dal conte d’Angiviller per conto del re proprio con questo scopo: l’educazione alle virtù – quali il patriottismo, il coraggio, l’eroismo, il rispetto delle leggi, la sobrietà e la moderazione – tramite messaggi chiari ed efficaci.

Con Il giuramento degli Orazi, David raggiunge già la piena maturità stilistica, in una visione chiara e severa, come quella d’un artista rinascimentale, nel perfetto equilibrio di luce a una determinata ora del giorno, spazio architettonico dipinto, complessità e introspezione psicologica dei personaggi rappresentati. Per la scelta del soggetto David fu quasi sicuramente ispirato dall’Horace di Corneille, ma anche ripresa dai fatti narrati da Tito Livio, secondo il quale i tre fratelli Orazi scelsero di decidere le sorti della guerra tra Albalonga e Roma con un duello con i tre fratelli Curiazi. Allo scontro sanguinoso sopravvisse un solo uomo degli Orazi, che tornò a Roma da trionfatore, e dove ritrovò sua sorella distrutta dal dolore per la perdita del suo promesso sposo, uno dei fratelli Curiazi. Il giovane vittorioso la uccise impietosamente e fu condannato a morte. Ma il padre chiese clemenza per lui, che fu graziato, non per un principio di giustizia, ma soltanto per il valore da lui dimostrato, che prevalse sulla mancanza dell’importante prerogativa stoica e romana dell’autocontrollo.

SIGNIFICATO “POLITICO” DEL GIURAMENTO DEGLI ORAZI

Sebbene sia stato dipinto poco prima della rivoluzione, Il Giuramento degli Orazi niente ha a che vedere con essa. Il quadro fu realizzato a Roma e acquistato dal conte d’Angiviller per la Corona. Lo stesso David non attribuì mai nessun significato politico all’opera, ma ne evidenziava invece la purezza e la nobiltà delle passioni incarnate dai personaggi.

David è da molti considerato un artista politico. Ma a tale proposito ci sono due correnti di pensiero opposte: una che lo esalta come gran rivoluzionario; l’altra che lo vede come un freddo calcolatore sempre schierato col potere. Daniel Guérin lo definisce addirittura “un cinico borghese traditore del proletariato”. In verità, il primo importante atto di impegno politico avviene soltanto quando fu incaricato dal Club dei Giacobini di dipingere il giuramento della Pallacorda, definito per l’occasione anticipatore della rivoluzione. Ma discutere di questo mi pare addirittura superfluo. Sappiamo bene che David fu deputato e presidente della Convenzione, restando sempre coerente con le proprie idee politiche e artistiche.          

VITA DI DAVID IN BREVE

1748. Nasce a Parigi Jacques-Louis David. 1757. Il padre viene ucciso in duello. 1771. David è allievo di Joseph-Marie Vien. Vince il secondo premio dell’Accademia di pittura. 1772. David tenta il suicidio. 1774. Vince il Prix de Rome. 1775 - 1780. David è a Roma. 1782. Si sposa con Charlotte Pécoul. 1783 - 1786. Nascono i suoi quattro figli. 1789. Presa della Bastiglia. 1792. Viene eletto deputato della Convenzione. 1794. Cade Robespierre e viene incarcerato per un anno. 1800. David viene nominato pittore ufficiale del governo da Napoleone. 1804. Viene nominato pittore dell’Imperatore. 1815. Si schiera con Napoleone durante i cento giorni. 1816. Rifiutando la clemenza del re preferisce l’esilio in Belgio, a Bruxelles. 1825. A Bruxelles muore il 29 dicembre, per l’aggravamento di una grave forma di raffreddamento.  

BREVIARIO DEL NEOCLASSICISMO 

Il neoclassicismo è lo stile che, nato a Roma, s’afferma a partire dal 1770 circa, e che ha come antefatto culturale quel grande movimento di idee noto col termine di illuminismo. Gli illuministi, attraverso il libero pensiero, si proposero di realizzare un mondo nuovo, governato da leggi ispirate all’uguaglianza sociale, cancellando per sempre i privilegi del clero e di una nobiltà inetta e in piena decadenza morale. La conseguenza storica dell’illuminismo, furono prima la rivoluzione americana e poi la rivoluzione francese. La rivoluzione francese nacque dal supremo disegno di creare una società «stabile e armoniosa», per dirla con le parole di Isaiah Berlin, «fondata su principi immutabili: un sogno di perfezione classica...». I dogmi, il rigido assetto sociale e gli arcaici privilegi dell’antico regime crollarono sotto la luce della ragione e di un idealismo intransigente. Con la stessa forza rivoluzionaria, il neoclassicismo segnò la fine del capriccioso e sensuale rococò.

Il termine di neoclassicismo, che fu coniato alla fine dell’Ottocento in senso spregiativo, farebbe pensare a una corrente artistica di mero e convenzionale rifacimento dell’arte greca e romana.  Fu al contrario un movimento eversivo e travolgente, che mirò a realizzare un risorgimento delle arti, una rinnovata rifioritura artistica simile a quella rinascimentale. Gli artisti e i teorici lo chiamavano semplicemente il vero stile.

Un vento di trasformazione cominciava a soffiare nei salons parigini, rinfrescandone l’atmosfera chiusa e profumata, eliminando curve e codini rococò, soffiando via gli ornamenti delicatamente fragili: boccioli di rosa e conchiglie e cupidi incipriati con i sederini delicatamente imbellettati come le guance, tutte le figure della commedia dell’arte in posa e le altre squisite frivolezze e perversità che avevano fatto la delizia di una società di gusti difficili, ultrasofisticata... (Hugh Honour).

Il teorico del vero stile fu J. J. Winckelmann, il quale sosteneva che bisognava “imitare” i grandi maestri antichi. Ma imitare non significava – secondo il suo pensiero - copiare, bensì fare propri e utilizzare i modelli e i canoni estetici degli artisti antichi, in un processo di produzione del nuovo e del moderno. E infatti, il neoclassicismo è a tutti gli effetti uno stile moderno, come moderna è la neoclassica estetica del sublime, che si riassume in un superamento della contemplazione, con un forte coinvolgimento spirituale e sentimentale nel godimento del bello. Già, perché il neoclassicismo è uno stile sentimentalistico. 

Il neoclassicismo nacque per reazione al rococò, ma divenne ben presto uno stile profondo, portatore di alti valori etici e morali, avversatore dei dogmi e dell’ignoranza, della superstizione e della dissolutezza. Il suo decadimento fu dovuto alla banalizzazione che se ne fece nel periodo napoleonico, che lo trasformò in uno stile celebrativo e retorico, rappresentativo della grandeur imperiale. Cosa questa che favorì la graduale affermazione del romanticismo anche in chiave antifrancese. Molti pensano, sbagliando, che neoclassicismo e romanticismo siano due contrapposte e del tutto differenti correnti artistiche. Per come la penso io, il romanticismo fu l’evoluzione naturale del neoclassicismo, che aveva esaurito ben presto i suoi temi e la sua linfa innovativa. Sia l’uno che l’altro movimento procedettero insieme per un certo periodo ed ebbero molto in comune, compresa l’estetica del sublime. Erano, in buona sostanza, quasi due facce della stessa medaglia, rappresentavano entrambe quel mondo e quella società moderna che stavano nascendo impetuosamente, e spesso una corrente sconfinava nell’altra, o la negava con violenza, dimostrano implicitamente di riconoscerla come riferimento importante. Diversi erano però e i temi e la rappresentazione degli stati d’animo. Diversa era la visione dell’uomo, che stava diventando l’unico libero padrone delle proprie idee e delle proprie creazioni.     

© G. LUCIO FRAGNOLI

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE:

Orietta Rossi Pinelli, Art e Dossier, David, Giunti, Firenze, 1989.

Hugh Honour, Neoclassicismo, Einaudi, Torino, 1980.

Piero Adorno, L’arte italiana. Dal Settecento ai nostri giorni, Vol. 3. Casa editrice G. D’Anna, Messina Firenze,1994.

G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Vol. 3°, 1993, Sansoni, Milano.

Autori Vari, Storia universale dell’arte. Il XX secolo. De Agostini, Novara,1991.

IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI. 

 

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