Jacques-Louis David (Parigi, 1748 - Bruxelles, 1825), I littori che riportano a Bruto i corpi dei suoi figli (1789, olio su tela, 323 x 422 cm) Musée du Louvre, Parigi.
Nella lettera indirizzata al Wicar, Jacques-Louis David scrive: Si tratta di un quadro di mia invenzione. Narra di Bruto, uomo e padre, al quale vengono consegnati, per seppellirli, i corpi dei figli che aveva sacrificato per il bene della patria. Ai piedi della statua di Roma è distolto dal suo dolore dalle grida della sua sposa e dallo svenimento della figlia maggiore. (...)
Gli
sforzi dell’artista, a partire dagli anni del suo primo soggiorno romano, erano
orientati verso la ricerca di uno stile adatto a raffigurare soggetti di
elevato significato etico. Dipinti come La morte di Socrate (1787), Il
giuramento degli Orazi (1784), I littori che riportano a Bruto i corpi dei
suoi figli (1789) furono il risultato di questa attenta ricerca, in un
periodo in cui Luigi XVI stava portando avanti un programma di moralizzazione della
società. Il giuramento degli Orazi e I littori che riportano a Bruto i
corpi dei suoi figli, vennero commissionati dal conte d’Angiviller per
conto del re proprio con questo scopo: l’educazione alle virtù – quali il
patriottismo, il coraggio, l’eroismo, il rispetto delle leggi, la sobrietà e la
moderazione – tramite messaggi chiari e efficaci.
Sappiamo
che Lucio Giunio Bruto aveva fatto uccidere i suoi figli, rei di aver
complottato contro la Repubblica, organizzando il ritorno di Tarquinio il
Superbo, il quale era stato costretto all’esilio proprio per volontà di Bruto: aveva,
infatti, sollevato il popolo contro il re. Il potere era quindi passato nelle
mani di due consoli: lo stesso Bruto e Tarquinio Collatino. Caduto in disgrazia
Collatino, era stato eletto al suo posto Publio Valerio.
Nel
dipinto David rappresenta il momento in cui i corpi esanimi dei figli di Bruto,
Tito e Tiberio, condannati e giustiziati, vengono portati nella domus paterna
per le esequie dai littori, i quali hanno varcato la soglia, con in spalla la
lettiga con sopra uno dei due giovani traditori uccisi. Il padre, seduto sotto
la statua di Roma, gli volge le spalle in un’espressione di composta forza di
volontà, mentre le donne si disperano, con la figlia maggiore del console che
sviene per il dolore, in una evidente gestualità e in una ponderata teatralità.
Espressioni e gesti dei personaggi facilitano così la comprensione del significato
complessivo del dipinto. Di straordinario effetto appare la figura di Bruto, in
cui è palese il conflitto di emozioni che si percepisce in ogni parte del
corpo, dal volto teso alle gambe tormentosamente incrociate. Dietro la sua stoica
impassibilità si cela in realtà una penosa agitazione: l’amore paterno si contrappone
al dovere patriottico: il sacrificio degli affetti familiari contrastante con la
superiore aspirazione politica.
Tutto
quanto accade nella casa di Bruto, con una rigorosa e meditata definizione
dello spazio, rappresentato in prospettiva frontale. Lo spazio in cui i
personaggi si muovono è concepito come elemento altamente significativo. L’interno,
pensato per un preciso risultato scenico, è sobrio e disadorno, persino
essenziale, caratterizzato da una successione di colonne doriche che rimandano
all’età arcaica, incorrotta e governata da leggi eque. Altro elemento
importante dello stile davidiano è la luce, naturale e misurata, che definisce l’ampiezza
dello spazio e il volume degli elementi strutturali – rafforzandone l’effetto
materico –; l’importanza e la particolare condizione dei personaggi. Bruto è certamente
il personaggio principale della messinscena pittorica, ed è messo in disparte,
in ombra, come per evidenziarne anche la solitudine. Il gruppo delle donne sconvolte,
sono avvolte dalla luce, invece, in un’idea di coralità nel dolore.
Anche nel Bruto, come nel precedente Giuramento, vi è una straordinaria chiarezza di visione, presupposto primario dei quadri storici davidiano e della stessa visione neoclassica, che è etica, estetica e ideale.
© G. LUCIO FRAGNOLI
BIBLIOGRAFIA
ESSENZIALE:
Hugh
Honour, Neoclassicismo, Einaudi, Torino, 1980.
Piero Adorno,
L’arte italiana. Dal Settecento ai nostri
giorni, Vol. 3. Casa editrice G. D’Anna, Messina Firenze,1994.
G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Vol. 3°,
1993, Sansoni, Milano.
Autori Vari, Storia universale dell’arte. Il XX secolo. De Agostini, Novara,1991.
IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE
DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.
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