Antoine-Jean Gros (Parigi, 1771 – Meudon, 1835), La battaglia delle Piramidi (1810, olio su tela, 389 x 311 cm) Reggia di Versailles (Francia).
LA BATTAGLIA DELLE PIRAMIDI
La
cosiddetta Battaglia delle Piramidi fu combattuta, dopo la conquista di
Alessandria da parte dei francesi, il 21luglio del 1798, nella piana di Giza, a
pochi chilometri dalle piramidi di Cheope, Chefren e Micerino,
tra l’armata guidata da Napoleone Bonaparte e le truppe mamelucche ottomane
comandate da Murad Bey e Ibrahim Bey. Nello scontro Bonaparte adottò la
strategia militare della fanteria schierata in quadrati, con al centro
cavalleria e artiglieria, con cui riuscì a respingere gli attacchi dei
cavalieri mamelucchi e ad avere infine la meglio su un esercito numericamente
molto superiore. La vittoria fu sicuramente determinante per la successiva
conquista del Basso Egitto. Ma l’ambizione di Napoleone di conquistare il
vicino oriente fu quasi del tutto vanificata dalla vittoria della flotta
inglese del contrammiraglio Nelson contro quella francese comandata dal
viceammiraglio D’Aigalliers nella Battaglia del Nilo o della Baia
di Abukir del 1° e 2 agosto.
LETTURA DELL’OPERA
Il momento rappresentato è quello in cui la battaglia infuria violenta nella sterminata piana desertica antistante le gigantesche piramidi, che fanno da sfondo al dipinto. In lontananza, nel furore dello scontro, nella polvere sollevata dai cavalli in corsa, nei fumi delle cannonate, si distinguono gli opposti schieramenti, sotto un cielo offuscato dai nuvoloni grigiastri delle esplosioni impastati con la sabbia. I francesi disposti secondo quadrati fronteggiano i più numerosi mamelucchi, schierati in minacciosi squadroni diversamente organizzati. In primo piano, su un’altura appena conquistata dalle truppe francesi, con al seguito il suo stato maggiore di alti ufficiali, sopraggiunge il generale Napoleone a cavallo che, dall’alto del rilievo sabbioso, controlla l’evoluzione del combattimento sotto gli sguardi decisi dei suoi coraggiosi generali e degli altri graduati che lo attorniano, pronti a ricevere disposizioni e a entrare in battaglia. Bonaparte tiene sicuro le briglie del suo destriero inquieto con la stessa mano con cui indica la mischia furente, mentre con l’altra levata in alto si appresta ad impartire un ordine ai suoi valorosi ufficiali a cavallo con le spade già levate in alto, smaniosi di lanciarsi alla carica con i loro ardimentosi cavalleggeri. Negli atteggiamenti di controllata determinazione e di fierezza di ogn’uno dei comandanti si intuisce già l’esito vittorioso della battaglia. Ma la fermezza e la nobiltà dei condottieri francesi, contrasta col gruppo dei nemici appena sconfitti. Uno di loro, un giovane nero, giace riverso a terra senza vita. Nell’indifferenza dei prodi francesi, altri due guerrieri vinti e disarmati, umiliati e buttati in terra, chiedono remissivamente clemenza, come l’anziano combattente ottomano, fermo e in piedi dietro di loro, che abbraccia in segno di protezione i suoi giovani figli impauriti, per i quali invoca salvezza. Nella loro disperazione si capisce e si anticipa la completa disfatta mamelucca.
Nella Battaglia
delle Piramidi sono presenti precisi elementi stilistici neoclassici, come la
disposizione bilanciata dei personaggi, la rappresentazione dell’eroismo e del
coraggio dei soldati francesi, che si contrappone ai sentimenti meno elevati
dei vinti, ma parimenti importanti. A tali elementi si aggiungono misuratamente
una sensibilità coloristica e una preferenza per il movimento che rimandano all’esperienza
formativa italiana – a Rubens soprattutto –, che sono più evidenti in dipinti
come La battaglia d’Abukir (1806), in una elaborazione dell’immagine sostanzialmente
romantica.
Barone
Antoine-Jean Gros
Brevissima biografia di Antoine-Jean Gros
Nato a
Parigi nel 1771, Antoine-Jean Gros fu tra i migliori allievi di Jacques-Louis
David. Dopo aver partecipato senza successo al Prix de Rome, anche per
allontanarsi dai virulenti sviluppi rivoluzionari, nel 1793 partì per l’Italia,
dove restò per otto anni, soggiornando per lungo tempo a Genova, ma anche a
Milano, rivestendo frattanto l’incarico di commissario della requisizione delle
opere d’arte. A questo periodo appartiene il famoso dipinto Ritratto di
Bonaparte al ponte d'Arcole (1796). Ritornato a Parigi nel 1801, lavorò
ad un impegnativo ciclo di grandi opere storiche, tra cui La battaglia d’Abukir (1806), anticipatrice
della visione romantica. Fino alla caduta di Napoleone realizzò ritratti, soggetti
mitologici e grandi tele storiche, tra cui La battaglia delle Piramidi
(1810), che gli garantirono fama e prestigio sociale. Sotto il regno di Carlo X
continuò a lavorare ancora su soggetti storici e mitologici, ripristinando nel
suo stile una certa compostezza classica. Ma la sua fama andava purtroppo scemando.
Deluso per l’insuccesso ottenuto al Salon del 1835, decise di togliersi la
vita, annegandosi nella Senna.
© G. LUCIO FRAGNOLI
IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE
DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.
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