Raffaello (1483-1520), La
Scuola di Atene (1508), affresco, Roma, Palazzi Vaticani.
La Scuola di Atene si trova nella Stanza sella Segnatura, una delle quattro
stanze che Papa Giulio II (1508-1513) aveva destinato a suo appartamento
privato, nei palazzi vaticani. I quattro ambienti erano già stati affrescati da
Piero della Francesca, ma il Papa volle che venissero rimossi per lasciare il
posto ad un nuovo ciclo pittorico, dandone l’incarico al giovane Raffaello, il
quale iniziò il lavoro lo stesso anno, nel 1508, non prima di aver prodotto
delle copie - andate poi purtroppo perdute – delle rappresentazioni di Piero.
La Disputa del
Sacramento fu il primo episodio che l’Urbinate dipinse in quella che
era la biblioteca privata, nonché ufficio di Giulio II, cui seguirono la Scuola
di Atene, il Parnaso e la Giustizia. Ad ogni
scena dipinta in ciascuna lunetta, corrispondeva una specifica raccolta di
volumi, che era posta negli armadi al di sotto di essa: i libri di filosofia
per la Scuola di Atene, i testi di teologia per La Disputa
del Sacramento, le pere di poesia per il Parnaso, i trattati e
i codici di giurisprudenza per la Giustizia.
Le immagini figurate sono anche
rappresentative dei concetti del Vero, del Bene e
del Bello, dove il Vero si identifica con Dio,
comprensibile con la filosofia e la teologia, mentre il discernimento ed il
perseguimento del Bene è tutelato dalla giustizia, così come la
ricerca e la creazione del Bello appartiene al dominio
l’arte. Raffaello lavorò alla Stanza della Segnatura -
così chiamata per il fatto che il Papa vi firmava i documenti - dal 1508 al
1511. La seconda stanza, quella di Eliodoro, lo impegnò dal 1511 al 1513, fino
alla morte del Pontefice. Ma Leone X, nel 1514, rinnovò l’incarico a Raffaello
che poté portare a compimento gli affreschi della terza stanza, quella dell’Incendio
di Borgo, mente la quarta ed ultima stanza, detta di Costantino,
fu interamente decorata dagli allievi, che seguirono in parte il progetto
iconografico ideato dal maestro, scomparso improvvisamente nel
1520.
La Scuola di Atene è
la summa del classicismo di Raffaello, portato al più alto grado di perfezione
formale, con una esatta rappresentazione prospettica, con una chiara
enunciazione della sua idea di bellezza e di una ammirata osservazione
dell’antichità, considerata una eredità culturale irrinunciabile per gli
sviluppi della civiltà del suo tempo.
L’opera rappresenta la prodigiosa
adunanza dei maggiori pensatori e degli edotti della classicità greca, cui
assistono anche l’artista stesso ed alcuni altri celebri suoi contemporanei, in
uno spazio che rispecchia il progetto a pianta centrale del Bramante per la
nuova basilica di San Pietro.
L’edificio rappresentato ha una
pianta – presumibilmente – a croce greca, aperto sui lati, coi bracci coperti
con volte a botte, alla cui intersezione si erige una cupola, non visibile nel
dipinto, ma che si intuisce dal senso curvilineo del tamburo, appena accennato.
Nelle nicchie frontali sono collocate le statue di Apollo e Minerva, che
simboleggiano rispettivamente la Ragione e la Morale.
In tale ben definita ambientazione,
divisi in due grossi raggruppamenti, la folla di menti eccelse è disposta
euritmicamente intorno alle due figure centrali di Platone ed Aristotele:
retori, grammatici e logici alla loro destra, fisici e matematici alla loro
sinistra.
Platone, raffigurato nei tratti di
Leonardo, porta nella mano sinistra il Timeo, mentre con la destra
indica in alto, il trascendentale mondo delle idee. Aristotele, sicuramente
raffigurato coi tratti di qualche grande del tempo che non si è in grado di
riconoscere, reca con sé l’Etica, indicando con la mano destra il mondo reale.
Intorno a Platone e Aristotele,
disposti alquanto liberamente su due piani raccordati da una breve scalinata,
simbolo dei gradi del sapere, i personaggi sono sorpresi in una varietà e
corrispondenza di gesti, di espressioni e di posture, divisi in gruppi
comunicanti o in figure isolate, con un effetto complessivo di vivezza e
animazione.
Osservando l’affresco da sinistra
verso destra è possibile riconoscere Epicuro, con una corona di pampini sul
capo e, di fronte a lui, Zenone. Sotto di loro c’è Pitagora, che dà le spalle
ad Empedocle e ad Averroè, mentre annota delle riflessioni, attorniato dai suoi
scolari. Dietro di lui, tutto vestito di bianco, avanza il duca di Urbino
Francesco Maria della Rovere. In alto, oltre il duca, vi sono Alcibiade nella
sua armatura e Socrate impegnati in una discussione, intanto che Diogene il
cinico, non curandosi del trambusto di sapienti, legge attentamente uno
scritto. In basso a destra, Euclide, dalle sembianze di Bramante, chinato su
una lavagna, insegna una teoria ai suoi giovani alunni, aiutandosi col
compasso. Dietro Euclide si vedono Zoroastro, che regge il globo celeste, e
Tolomeo, che tiene tra le mani il globo terrestre. Vicino a loro, si
riconoscono l’autoritratto del Sanzio ed il ritratto del Sodoma, col cappello
bianco. Solo e pensoso, in primo piano, appoggiato ad un blocco marmoreo, c’è
Eraclito coi lineamenti di Michelangelo, non presente nel cartone preparatorio,
ed aggiunto soltanto alla fine, in omaggio all’artista toscano.
Il cromatismo è ricco e luminoso, sempre brillante e bilanciato, in una assoluta perfezione disegnativa ed una chiarezza di visione.
Scuola di Atene, cartone preparatorio.
© GIUSEPPE LUCIO FRAGNOLI
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