Jean-Auguste-Dominique Ingres, Bagno turco (1859 – 1863 olio su tela applicata su tavola –firmato e datato: J. Ingres Pinxit MDCCLXII Aetatis LXXXII –, cm 108 di diametro), Musée du Louvre, Parigi.
Il dipinto, di formato rettangolare, fu iniziato prima del 1856 e completato soltanto nel 1859, per essere venduto al principe Napoleone Giuseppe Carlo Bonaparte (1822-1891) detto Plon-Plon, figlio di Girolamo Bonaparte, fratello minore di Napoleone Bonaparte. Ma appena l’anno appresso Bagno turco fu restituito all’autore, in cambio di un autoritratto di Ingres ventiquattrenne, dato che la moglie di Giuseppe Carlo, Maria Clotilde di Savoia, trovava l’opera scandalosa. Nel 1862 il pittore modificò il formato del quadro, da rettangolare a tondo, e nel 1864 lo vendette, per la cifra di 20.000 franchi, a Khalil Bey, ambasciatore turco a Parigi, che aveva una discreta collezione di nudi femminili. Dall’ambasciatore turco il quadro passò nelle mani di un noto collezionista e in seguito in quelle del principe de Broglie, per essere donato infine al Louvre, nel 1911, dagli Amici del Museo.
Ingres non era mai stato in oriente, nell’oriente ottomano cui l’immagine si riferisce, ma si era avvalso di varie fonti ispiratrici, letterarie e iconografiche. La principale è senza dubbio l’opera dell’aristocratica poetessa e scrittrice Lady Mary Wortley Montague, Letters of Lady Mary Wortley Montague (1800) tradotta e pubblicata in lingua francese nel 1805, col titolo Les lettres de Lady Montague, ambassatrice d’Angleterre à la Porte Ottomane, nella quale la scrittrice, moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, descrive gli sconosciuti contesti dei bagni turchi della città o la realtà delle donne segregate nei ginecei delle nobili dimore mussulmane. Oltre alle lettere di Lady Montague, l’artista aveva pure attinto alle Cent estampes qui representént différentes nation du Levant Paris (1714-15) che lui possedeva, o alle molte incisioni o stampe che corredavano altri testi sull’oriente allora in circolazione.
Fotografia di Charles Marville (1813-1879) del 7 ottobre del 1858, che documenta la forma (rettangolare) iniziale del quadro.
Nelle sue Letters, Lady Mary Wortley
Montague descrive un bagno turco pieno di avvenenti donne nude, in atteggiamenti
diversi, “alcune che chiacchieravano, altre indaffarate; alcune che
prendevano il caffè o il sorbetto, altre lascivamente adagiate sui cuscini”.
LETTURA DELL’OPERA
Nel formato
circolare e definitivo dell’opera l’artista immagina l’interno di un bagno
turco affollato di opulente e oziose femmine nude. Che si tratti di un bagno
ottomano ce lo spiega il titolo del quadro ma ce lo fa capire soprattutto lo
spazio dipinto ove si rilassano le odalische, che consiste in un ampio salone
dalle pareti di un verdognolo slavato, quasi muffoso, rappresentato in
prospettiva frontale, con un punto di fuga abbastanza alto, come se la scena
fosse osservata stando in piedi, dentro l’ambiente, al di qua del basso
tavolino con le tazzine per il caffè e coi vaselli degli unguenti e dei profumi.
Al centro
dell’ampio vano, dall’aria profumata e calda, c’è la vasca da bagno, stretta,
ma lunga, presumibilmente, infossata nella pavimentazione verdolina e
bianchiccia. Tutt’intorno alla vasca sono stesi tappeti ocra e amaranto e sono sistemati
soffici divani porporini e cuscini setosi. Sulla parete di fondo, adombrata, quasi
umidiccia, è scavata una nicchia con una grossa anfora smaltata e un portale di
gusto arabo, che immette in un corridoio. Nel muro laterale, visto di scorcio,
pure è ricavata una nicchia, ma vuota, priva di ornamenti.
All’interno
di una tale e ben precisata ambientazione orientaleggiante, arricchita dal suddetto
e minuto tavolino con graziose tazzine e boccette messo in primissimo piano, Ingres
dispone i personaggi, tutti femminili, partendo dalla suonatrice di balalaika
messa di spalle in primo piano, chiaramente ripresa dalla Baigneuse
Valpinçon. Alla destra della musicante, sempre in primo piano, c’è una
donna assopita che si copre gli occhi con una mano, di cui si vedono, però, soltanto
la testa e le braccia. Sopra di lei un’altra formosa femmina si abbandona
trasognata su un cuscino. Alle spalle della sognatrice altre due donne si
abbracciano morbosamente, fissando la strumentista e ascoltando le note da lei
prodotte. Dietro di loro una donna con le braccia conserte si fa profumare i
capelli da una sua ancella, sotto lo sguardo di una serva paziente.
Al centro
della sala una donna si sta immergendo nella vasca, mentre un’altra danza al
ritmo di un tamburello suonato da una musicante nera, e un’altra donna in
turbante si sta rivestendo, mentre lascia il bagno turco. In fondo all’ampia
sala si affolla un gruppo di prosperose donne in posture impudiche e provocanti,
dai gesti lenti e dagli sguardi illanguiditi. Tra di esse spicca la figura di
una donna che posa un bicchiere da cui ha appena bevuto, dietro di lei si vede
un’altra femmina che porta uno stuzzichino alla bocca.
La luce, calda e ovattata, proviene dall’alto a sinistra e illumina il gruppo in primo piano, mentre appare più diffusa e tenue la luce che illumina il gruppo delle figure in secondo piano, contribuendo a creare una scena pervasa da grande sensualità. È uno spaccato intrigante e segreto di un oriente ottomano mai visto, ma soltanto immaginato dal pittore, in una libera e compiaciuta interpretazione delle informazioni a sua disposizione, piuttosto reinventato secondo la sua verace passione per le donne, secondo le sue voglie di insospettato voyeur e di inguaribile libertino. Bagno Turco è quindi il manifesto di un estetizzante erotismo e della bellezza carnale, di una bellezza femminile tutta ingresiana.
Lo stile di Ingres appare come una perfetta combinazione di forma e volume, definiti da un tenue contrasto chiaroscurale e un contorno pulito e coerentemente modellato in un’idea di sintesi tra vero e ideale.
Nel quadro si riconoscono Delphine Ramel, seconda moglie del pittore, nel personaggio col cappello, e Madeleine Chapelle, prima moglie di Ingres, nella donna distesa all’indietro con l’orecchino di perla.
Baigneuse Valpinçon
Ingres, come ha scritto Giulio Carlo Argan, “È stato l’ultimo degli italianizzanti ma, più degli antichi
studiava Raffaello, Bronzino, Poussin. Non è stato un neo-classico, del
Neo-classicismo non accettava né la tendenza rivoluzionaria, davidiana, né la
conservatrice, canoviana. Tra il suo ideale e l’ideale romantico di Delacroix
v’era un contrasto che divenne ostinata, serrata polemica. Non aveva interessi
ideologici e politici(...) Il soggetto, classico o
romantico che fosse, non lo interessava, concepiva l’arte come pura forma(...)
Per lui, dunque, il bello o la forma non è nella cosa in sé, ma nella relazione
tra le cose. Questo insieme di relazioni sarà chiaro quando tutte le componenti
della forma (linea, chiaroscuro, colore, luce) formeranno un tutto unitario,
una sintesi.”
(…) «Non ci sono in questa figura (La Grande
odalisca, n. d. a.) né ossa, né muscoli, né sangue, né vita, né rilievo,
nulla infine di ciò che costituisce l’imitazione dal vero. La carnagione è
grigia e monotona, non c’è neppure, a propriamente parlare, alcuna parte
veramente saliente, tanto la luce è piatta, senza arte e senza cura.» (…)
C. P. Landon, Salon de 1819, in Annales du Musée.
«Secondo
noi, uno degli aspetti che innanzitutto distinguono il talento di Ingres, è
l’amore per le donne. Il suo libertinaggio è serio, pieno di convinzione.
Ingres non appare mai tanto a proprio agio ed efficiente come quando impegna il
suo genio con le grazie di una giovane beltà. Muscoli, pieghe della carne,
ombre delle fossette, ondulazioni della pelle: non manca nulla.» (…)
C. Baudelaire
F. Zeri
© G. LUCIO FRAGNOLI
Vita in
breve di Ingres
Jean-Auguste-Dominique Ingres nasce a
Montauban il 20 agosto del 1870. Figlio maggiore del pittore Jean-Marie-Joseph,
è scolaro di David, a Parigi dal 1797.
Nel 1801 vince il Prix de Rome con il dipinto
Achille e gli inviati di Agamennone. L’anno
successivo apre un atelier nell’ex convento dei Cappuccini, giungendo presto ad
una notorietà che gli permetterà di eseguire nel 1804 il ritratto di Napoleone I console e due anni dopo Napoleone in trono.
Nel 1810 risiede e lavora stabilmente a Roma
e nel 1813 sposa Madeleine Chapelle. In un periodo che va fino al 1914 dipinge
opere di grande effetto come il Sogno di
Ossian, Raffaello e la Fornarina,
Paolo e Francesca e la Grande odalisca. Dopo la caduta di
Napoleone nel 1815, lavora per una committenza ridotta e meno facoltosa.
Nel 1819 invia Ruggero e Angelica e la Grande
Odalisca al Salon, riscuotendo giudizi poco favorevoli dalla critica.
Nel 1820 si trasferisce a Firenze e nel 1823
è eletto membro corrispondente dell’Accadémie des Beaux-Arts di Parigi. Dal
1824 è a Parigi e l’anno seguente vi apre uno studio in vie Visconti, ricevendo
la Legion d’Onore e venendo anche eletto membro dell’Accadémie des Beaux-Arts.
Nel 1827 dipinge l’Apoteosi di Omero.
Nel 1834 Ingres è di nuovo a Roma come
direttore dell’Accademia di Francia.
Nel 1841 ritorna a Parigi.
Nel 1849 muore la moglie, ma l’artista si
risposa, due anni dopo, con Delphine Ramel. All’Esposizione universale del 1855
espone 43 dipinti in una sala a lui esclusivamente dedicata. Nel 1862 è
nominato senatore.
Il 1867, alla sua morte, viene allestita una grande mostra in suo onore all’École des Beaux-Arts.
Bibliografia:
Annalisa Zanni, I Gigli
dell’Arte, Ingres, 1990,
Cantini Editore, Borgo S. Croce, Firenze.
Hugh Honour, Neoclassicismo, 1980, Einaudi,
Torino.
Piero Adorno, L’arte italiana. Dal
Settecento ai nostri giorni Vol. 3, 1994, D’Anna, Firenze.
Giorgio Cricco e Francesco Di Teodoro, Itinerario
nell’arte Vol. 4°, Versione Arancione, Dal Barocco al Postimpressionismo,
2021, Zanichelli, Bologna.
G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Vol. 3°, 1993,
Sansoni, Milano.
F. Zeri, Cento Dipinti, Ingres, Bagno
turco, 1998, Rizzoli, Milano.
Autori Vari, Storia universale dell’arte. Il XX secolo,1991, De Agostini,
Novara.
IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI.
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