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lunedì 14 novembre 2022

IL BAGNO TURCO di Jean-Auguste-Dominique INGRES

 

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Bagno turco (1859 – 1863 olio su tela applicata su tavola firmato e datato: J. Ingres Pinxit MDCCLXII Aetatis LXXXII –, cm 108 di diametro), Musée du Louvre, Parigi.

Il dipinto, di formato rettangolare, fu iniziato prima del 1856 e completato soltanto nel 1859, per essere venduto al principe Napoleone Giuseppe Carlo Bonaparte (1822-1891) detto Plon-Plon, figlio di Girolamo Bonaparte, fratello minore di Napoleone Bonaparte. Ma appena l’anno appresso Bagno turco fu restituito all’autore, in cambio di un autoritratto di Ingres ventiquattrenne, dato che la moglie di Giuseppe Carlo, Maria Clotilde di Savoia, trovava l’opera scandalosa. Nel 1862 il pittore modificò il formato del quadro, da rettangolare a tondo, e nel 1864 lo vendette, per la cifra di 20.000 franchi, a Khalil Bey, ambasciatore turco a Parigi, che aveva una discreta collezione di nudi femminili. Dall’ambasciatore turco il quadro passò nelle mani di un noto collezionista e in seguito in quelle del principe de Broglie, per essere donato infine al Louvre, nel 1911, dagli Amici del Museo.

Lady Montague

Ingres non era mai stato in oriente, nell’oriente ottomano cui l’immagine si riferisce, ma si era avvalso di varie fonti ispiratrici, letterarie e iconografiche. La principale è senza dubbio l’opera dell’aristocratica poetessa e scrittrice Lady Mary Wortley Montague,  Letters of Lady Mary Wortley Montague (1800) tradotta e pubblicata in lingua francese nel 1805, col titolo Les lettres de Lady Montague, ambassatrice d’Angleterre à la Porte Ottomane, nella quale la scrittrice, moglie dell’ambasciatore inglese a Costantinopoli, descrive gli sconosciuti contesti dei bagni turchi della città o la realtà delle donne segregate nei ginecei delle nobili dimore mussulmane. Oltre alle lettere di Lady Montague, l’artista aveva pure attinto alle Cent estampes qui representént différentes nation du Levant Paris (1714-15) che lui possedeva, o alle molte incisioni o stampe che corredavano altri testi sull’oriente allora in circolazione.

Fotografia di Charles Marville (1813-1879) del 7 ottobre del 1858, che documenta la forma (rettangolare) iniziale del quadro

Nelle sue Letters, Lady Mary Wortley Montague descrive un bagno turco pieno di avvenenti donne nude, in atteggiamenti diversi, “alcune che chiacchieravano, altre indaffarate; alcune che prendevano il caffè o il sorbetto, altre lascivamente adagiate sui cuscini”.    

 

LETTURA DELLOPERA

Nel formato circolare e definitivo dell’opera l’artista immagina l’interno di un bagno turco affollato di opulente e oziose femmine nude. Che si tratti di un bagno ottomano ce lo spiega il titolo del quadro ma ce lo fa capire soprattutto lo spazio dipinto ove si rilassano le odalische, che consiste in un ampio salone dalle pareti di un verdognolo slavato, quasi muffoso, rappresentato in prospettiva frontale, con un punto di fuga abbastanza alto, come se la scena fosse osservata stando in piedi, dentro l’ambiente, al di qua del basso tavolino con le tazzine per il caffè e coi vaselli degli unguenti e dei profumi.

Al centro dell’ampio vano, dall’aria profumata e calda, c’è la vasca da bagno, stretta, ma lunga, presumibilmente, infossata nella pavimentazione verdolina e bianchiccia. Tutt’intorno alla vasca sono stesi tappeti ocra e amaranto e sono sistemati soffici divani porporini e cuscini setosi. Sulla parete di fondo, adombrata, quasi umidiccia, è scavata una nicchia con una grossa anfora smaltata e un portale di gusto arabo, che immette in un corridoio. Nel muro laterale, visto di scorcio, pure è ricavata una nicchia, ma vuota, priva di ornamenti.

All’interno di una tale e ben precisata ambientazione orientaleggiante, arricchita dal suddetto e minuto tavolino con graziose tazzine e boccette messo in primissimo piano, Ingres dispone i personaggi, tutti femminili, partendo dalla suonatrice di balalaika messa di spalle in primo piano, chiaramente ripresa dalla Baigneuse Valpinçon. Alla destra della musicante, sempre in primo piano, c’è una donna assopita che si copre gli occhi con una mano, di cui si vedono, però, soltanto la testa e le braccia. Sopra di lei un’altra formosa femmina si abbandona trasognata su un cuscino. Alle spalle della sognatrice altre due donne si abbracciano morbosamente, fissando la strumentista e ascoltando le note da lei prodotte. Dietro di loro una donna con le braccia conserte si fa profumare i capelli da una sua ancella, sotto lo sguardo di una serva paziente.

Al centro della sala una donna si sta immergendo nella vasca, mentre un’altra danza al ritmo di un tamburello suonato da una musicante nera, e un’altra donna in turbante si sta rivestendo, mentre lascia il bagno turco. In fondo all’ampia sala si affolla un gruppo di prosperose donne in posture impudiche e provocanti, dai gesti lenti e dagli sguardi illanguiditi. Tra di esse spicca la figura di una donna che posa un bicchiere da cui ha appena bevuto, dietro di lei si vede un’altra femmina che porta uno stuzzichino alla bocca.   

La luce, calda e ovattata, proviene dall’alto a sinistra e illumina il gruppo in primo piano, mentre appare più diffusa e tenue la luce che illumina il gruppo delle figure in secondo piano, contribuendo a creare una scena pervasa da grande sensualità. È uno spaccato intrigante e segreto di un oriente ottomano mai visto, ma soltanto immaginato dal pittore, in una libera e compiaciuta interpretazione delle informazioni a sua disposizione, piuttosto reinventato secondo la sua verace passione per le donne, secondo le sue voglie di insospettato voyeur e di inguaribile libertino. Bagno Turco è quindi il manifesto di un estetizzante erotismo e della bellezza carnale, di una bellezza femminile tutta ingresiana. 

Lo stile di Ingres appare come una perfetta combinazione di forma e volume, definiti da un tenue contrasto chiaroscurale e un contorno pulito e coerentemente modellato in un’idea di sintesi tra vero e ideale.   

Nel quadro si riconoscono Delphine Ramel, seconda moglie del pittore, nel personaggio col cappello, e Madeleine Chapelle, prima moglie di Ingres, nella donna distesa all’indietro con l’orecchino di perla.

Baigneuse Valpinçon

Ingres, come ha scritto Giulio Carlo Argan, “È stato l’ultimo degli italianizzanti ma, più degli antichi studiava Raffaello, Bronzino, Poussin. Non è stato un neo-classico, del Neo-classicismo non accettava né la tendenza rivoluzionaria, davidiana, né la conservatrice, canoviana. Tra il suo ideale e l’ideale romantico di Delacroix v’era un contrasto che divenne ostinata, serrata polemica. Non aveva interessi ideologici e politici(...) Il soggetto, classico o romantico che fosse, non lo interessava, concepiva l’arte come pura forma(...) Per lui, dunque, il bello o la forma non è nella cosa in sé, ma nella relazione tra le cose. Questo insieme di relazioni sarà chiaro quando tutte le componenti della forma (linea, chiaroscuro, colore, luce) formeranno un tutto unitario, una sintesi.”

 

(…) «Non ci sono in questa figura (La Grande odalisca, n. d. a.) né ossa, né muscoli, né sangue, né vita, né rilievo, nulla infine di ciò che costituisce l’imitazione dal vero. La carnagione è grigia e monotona, non c’è neppure, a propriamente parlare, alcuna parte veramente saliente, tanto la luce è piatta, senza arte e senza cura.» (…)

C. P. Landon, Salon de 1819, in Annales du Musée.

 «Secondo noi, uno degli aspetti che innanzitutto distinguono il talento di Ingres, è l’amore per le donne. Il suo libertinaggio è serio, pieno di convinzione. Ingres non appare mai tanto a proprio agio ed efficiente come quando impegna il suo genio con le grazie di una giovane beltà. Muscoli, pieghe della carne, ombre delle fossette, ondulazioni della pelle: non manca nulla.» (…)

C. Baudelaire

 «”Sono un Gallo ma non di quelli che hanno saccheggiato Roma.” Fedele a se stesso fino all’ultimo, Ingres è l’artista che porta lo spirito del Neoclassicismo oltre l’età napoleonica, interpretando anche i temi più romantici in chiave classicheggiante. Il BAGNO TURCO esprime la sua capacità straordinaria di cogliere il reale in termini di pura pittura e di forma ideale. Le sue bagnanti e odalische sono figure ispirate a Raffaello, ma rese con una maggiore attenzione ai valori di superficie, alla luminosità intrinseca dei colori.»

F. Zeri 

© G. LUCIO FRAGNOLI

                                                         

Vita in breve di Ingres         

Jean-Auguste-Dominique Ingres nasce a Montauban il 20 agosto del 1870. Figlio maggiore del pittore Jean-Marie-Joseph, è scolaro di David, a Parigi dal 1797.

Nel 1801 vince il Prix de Rome con il dipinto Achille e gli inviati di Agamennone. L’anno successivo apre un atelier nell’ex convento dei Cappuccini, giungendo presto ad una notorietà che gli permetterà di eseguire nel 1804 il ritratto di Napoleone I console e due anni dopo Napoleone in trono.

Nel 1810 risiede e lavora stabilmente a Roma e nel 1813 sposa Madeleine Chapelle. In un periodo che va fino al 1914 dipinge opere di grande effetto come il Sogno di Ossian, Raffaello e la Fornarina, Paolo e Francesca e la Grande odalisca. Dopo la caduta di Napoleone nel 1815, lavora per una committenza ridotta e meno facoltosa.

Nel 1819 invia Ruggero e Angelica e la Grande Odalisca al Salon, riscuotendo giudizi poco favorevoli dalla critica.

Nel 1820 si trasferisce a Firenze e nel 1823 è eletto membro corrispondente dell’Accadémie des Beaux-Arts di Parigi. Dal 1824 è a Parigi e l’anno seguente vi apre uno studio in vie Visconti, ricevendo la Legion d’Onore e venendo anche eletto membro dell’Accadémie des Beaux-Arts.

Nel 1827 dipinge l’Apoteosi di Omero.

Nel 1834 Ingres è di nuovo a Roma come direttore dell’Accademia di Francia.

Nel 1841 ritorna a Parigi.

Nel 1849 muore la moglie, ma l’artista si risposa, due anni dopo, con Delphine Ramel. All’Esposizione universale del 1855 espone 43 dipinti in una sala a lui esclusivamente dedicata. Nel 1862 è nominato senatore.

Il 1867, alla sua morte, viene allestita una grande mostra in suo onore all’École des Beaux-Arts.

Bibliografia:

Annalisa Zanni, I Gigli dell’Arte, Ingres, 1990, Cantini Editore, Borgo S. Croce, Firenze.

Hugh Honour, Neoclassicismo, 1980, Einaudi, Torino.

Piero Adorno, L’arte italiana. Dal Settecento ai nostri giorni Vol. 3, 1994, D’Anna, Firenze.

Giorgio Cricco e Francesco Di Teodoro, Itinerario nell’arte Vol. 4°, Versione Arancione, Dal Barocco al Postimpressionismo, 2021, Zanichelli, Bologna.

G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Vol. 3°, 1993, Sansoni, Milano.

F. Zeri, Cento Dipinti, Ingres, Bagno turco, 1998, Rizzoli, Milano.

Autori Vari, Storia universale dell’arte. Il XX secolo,1991, De Agostini, Novara.

IL POST SOPRA RIPORTATO HA CARATTERE ESCLUSIVAMENTE DIVULGATIVO E DIDATTICO, DESTINATO PERTANTO AGLI STUDENTI E AGLI APPASSIONATI. 


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